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I MOMENTI PIU EMOZIONANTI DELLA DEDICAZIONE DELL’ ALTARE CHIESA SANTA MARIA ASSUNTA IN CIELO

Nella giornata di ieri 16/07/2023, un evento straordinario ha coinvolto tutta la comunità di Monte di Procida. Il cuore di questa comunità è, dalla sua nascita, la Chiesa patronale, dedicata all’Assunta dal suo fondatore Ascanio Filomarino, Vescovo di Napoli. Nasce nel 1644, come cappella ad uso dei coloni, ai quali la Mensa arcivescovile di Napoli, proprietaria dell’agro montese, aveva dato in enfiteusi le terre incolte affinché, apportando migliorie, potessero essere messe a frutto. Il piccolo edificio di culto, sembra essere lo specchio della crescita della comunità, sempre più radicata nel territorio. La chiesa diventa luogo di aggregazione, un importante punto di riferimento per i residenti sempre piu numerosi, necessitava, dunque, di ampliamenti per poter contenere tutti i fedeli. Nel 1750, il primo ampliamento che corrispose all’ allungamento della navata centrale; nel 1758 fu costruita la navata a sinista dell’altare, fu proprio in questo anno che la chiesa fu consacrata dal vescovo di Pozzuoli Nicola De Rosa; l’ultimo ampliamento risale al 1859 con la realizzazione della navata a destra dell’altare. I vari ampliamenti e consolidamenti furono tutti finanziati dalla comunità, la quale, da allora, continua ancora ad avere cura della chiesa che da cappella dipendente alla chiesa di Sant’Anna Gesu e Maria di Bacoli, diventa parrocchia nel 1887.
Dall’ultima consacrazione ( 1758) che ha riguardato solo una parte della chiesa , oggi si rinnova questo rituale e si estende a tutto l’edificio.

La celebrazione è stata presieduta dal Vescovo Gennaro Pascarella, coadiuvato dal vescovo Carlo Villani. Molti i sacerdoti diocesani presenti.

Il soggetto della liturgia della parola è stato il Tempio. Il vescovo Gennaro, a partire dall’eposodio evangelico della “Cacciata dal tempio di Gerusalemme” in cui Gesu allontana coloro che ne avevano offeso la dignità, ristabilendo la sacralitá del luogo, sottolinea il percorso di redenzione di ogni fedele. Gesu dice ” distruggerò il tempio e lo ricostrirò in tre giorni, facendo riferimento alla sua morte e resurrezione, identificandosi nel tempio sacro di Dio.
Il vescovo sottolinea come il battesimo unisce a Cristo. Con il battesimo diventiamo tempio santo di Dio; ogni fedele ha la responsabilita di “ricostruire il tempio” elevando preghiere a Dio attraverso le opere, le azione concrete nella vita di tutti i giorni.
Non a caso la liturgia è iniziata con il rito dell’aspersione dell’acqua che rinnova il battesimo, sacramento che ci fa chiesa. Il tempio è l’edificio, dove si riuniscono i discepoli, ma è anche il luogo dell’eucarestia per questo è sempre abitato da Cristo, che invita i fedeli ad edificare il tempio attraverso il cammino di redenzione.
Poi il vescovo rivolgendosi alla vergine Maria patrona di Monte di Procida, invita i fedeli a imitare la madre di Gesu, tempio santo per eccellenza, colei che ha custodito l’amore di Dio, Gesù, donandolo al mondo, è lei che insegna a “dover essere”. Il vescovo aggiunge, facendo leva sul sentimento popolare, che la bellezza di questo tempio, dedicato a Maria Assunta, rivela la bellezza dell’amore, l’unica vera strada da percorrere per la redenzione. La bellezza salverà il mondo, conclude

Dopo l’omelia si è passati alla dedicazione attraverso diversi momenti: la litania, seguita dalla
preghiera dei fedeli, la processione per la deposizione delle reliquie di san Giustino Maria Russolillo sotto l’altare;
la benedizione dell’altare e consacrazione con olii crismali
dello stesso e delle “croci crismali del rito di benedizione”, apposte ai quattro pilastri della navata centrale;
Incensanzione della comunità di Dio;
pulizia della mensa e apparecchio; a questo punto il tempio è stato “ricostruito”, vengono accese le luci della mensa e tutta l’illuminazione artificiale della chiesa , quindi la luce viene ad illuminare l’intera comunità, lasciata al buio fino a quel momento.

Intensi momenti di commozione e di gioia di vita comunitaria, che difficilmente dimenticheremo.
Mara Chiocca

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