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Martina Grimaldi oro nei 25 Km a Barcellona, Torregaveta portafortuna

L’abbiamo vista a Torregaveta  ( Vedi Intervista 1   e intervista 2 )  vincere per due volte la gara “Miglio Marino Golfo di Torregaveta”. Per la seconda volta dopo le Olimpiadi, Torregaveta e i nostri auguri hanno portato bene alla campionessa bolognese, che ha stravinto oggi il mondiale a Barcellona, gli auguri da Paco e da tutto lo staff da www.montediprocida.com  Martina Grimaldi oro nei 25 Km: «Dedico questa medaglia a chi mi è stato vicino» BARCELLONA – Martina Grimaldi emerge bionda dall’acqua nera del Port Vell dove è arrivata alla fine della 25 chilometri spalla a spalla con la tedesca covergirl Maurer e con l’americana Fabian, che l’ha riempita di schiaffi nel finale. Tutte e tre hanno appena colpito il traguardo: Martina guarda vero il maxischermo. La danno d’argento. S’avvia sul pontile verso i luoghi delle interviste e comincia a dir la sua: la felicità della medaglia, la dedica ai genitori (mamma professoressa, papà nell’informatica, figlia unica Martina) ed ai cari amici vicini e lontano, come e perché nell’insonne notte del dopo 10 chilometri abbia deciso di nuotare anche i 25 che lì per lì stava per ripudiare. Ah, diceva, se avessi anche il rush finale.

Parole d’argento: e invece era d’oro la poliziotta bolognese classe 1988. Era d’oro e non lo sapeva ancora. Perché per tutto il pontile mica s’era guardata indietro, mica aveva dato un’altra occhiata al teleschermo, s’era presa il bacio della Maurer ma pensava che fosse la vincitrice che è magnanima. “Ah, ma sono d’oro!” finalmente faceva, a una domanda più esplicita delle altre. E allora il largo e bel sorriso s’allargava ancora di più, la felicità saltava fuori da ogni poro.

Oro, sì, oro: all’ultimo metro dell’ultima gara del fondo che stava affondando nel nulla di medaglie di tanti anni fa che Martina sgambettava appena in acqua, 1994. Oro: il salvataggio del fondo, che a Martina dovrebbero fare un monumento come al Cristo Redentore di Rio, perché anche a Londra 2012 nell’acqua gelida del Serpentine Lake aveva messo al collo l’unica medaglia d’Italia nella spedizione dell’acqua.

Ma che salvataggio, poi: perché l’oro ha un tale valore che quasi cancella il resto, “non è una panacea ma un oppiaceo” dice il ct Giuliani il quale pensa di dover studiare a fondo cosa e perché non abbia funzionato in questo settore del nuoto che tiene l’Italia, di solito e da tanto, ai primi posti del mondo, posizione che al Belpaese difficilmente compete in tanti altri settori di nostra vita quotidiana.

S’era messa la sveglia alle 4,30 del mattino, che la partenza della gara era fissata per le 8. La colazione di tutti i giorni, la preparazione delle infinite boccette da cui rifornirsi in corso d’acqua, perché 25 chilometri non durano soltanto i 25 mila metri che dei nuotare uno dopo l’altro, ma più di cinque ore, la più lunga delle fatiche del nuoto e forse dello sport tutto, quando l’uomo si mette alla prova senza accessori meccanici.

La gara femminile partiva 10 minuti dopo quella maschile: i ragazzi erano partiti a tutta e e ragazze, invece, rallentavano per via, per farsi raggiungere dai maschietto che poi per un tratto dei giri di gara avrebbero potuto operare il traino.

Martina s’è sempre tenuta in cima al gruppetto delle donne: dopo i primi tre giri oscillanti dal settimo al decimo posto, negli altri sei girava la boa tra il secondo e il quinto, ed arrivava allo strappo finale sotto le barche alla fonda del Moll de la Fusta all’esterno delle altre ma accelerando quelle due volte che s’era prefissa, alla boa gialla ed all’imbuto finale. Quel famoso rush sul quale, quando credeva d’essere d’argento, diceva di dover lavorare ancora, e invece no, perché è già d’oro. «Alla fine – diceva – perdo sempre un po’». E stavolta però guadagnava.

Dunque valevano la pena tutte quelle giornate in piscina, quelle che il suo allenatore Fabio Cuzzani, che la guida da quando Martina aveva 16 anni, le propone e forse impone; ogni tanto magari si mandano scambievolmente a quel paese (eufemismo) ma quand ti toccano 9-10 allenamenti a settimanali, una media di 12-13 chilometri di nuoto al giorno può anche succedere che la famosa adrenalina prenda il sopravvento. Il mare? Quasi mai, però ti può capitare seguendo il circuito delle gare.

Qualche rimpianto per «quei piccoli errori» commessi, a suo dire, durante la 10 chilometri, ma lei, dice il suo allenatore, «per i 25 è fisiologicamente portata anche se non ancora psicologicamente»; per fortuna, sennò vinceva per distacco e non per un decimo di secondo che sembra diventa una cifra sempre più probabile anche al termine delle gare di fondo, su terra o in acqua che siano.

Adesso che sa che è d’oro Martina vuole una bandiera tricolore: se la mette sulle spalle, va alla premiazione, sale sul podio, guarda la bandiera extralarge che sventola allegra sul pennone più alto in faccia al mare dove il fondo azzurro stava per finire spiaggiato ma lei l’ha rimesso nell’acqua del trionfo, prova a cantare Fratelli d’Italia, il labiale fa capire qualche parola, si dondola alla musica che deve essere la più dolce che abbia mai ascoltato.E per gli italiani di Barcellona che l’hanno tifata per cinque ore, sette minuti, diciannove secondi e sette decimi è anche così.
fonte www.ilmaessaggero.it

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