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Arrestato il maggiordomo del Papa

L’indagine aperta in Vaticano contro le fughe di documenti porta direttamente nell’appartamento del Papa: è in stato di arresto (perché trovato ”in possesso illecito di documenti riservati”) l’aiutante di camera di Benedetto XVI, il maggiordomo, in assoluto una delle figure più vicine al Pontefice. Paolo Gabriele è sospettato di essere uno dei ”corvi”, coloro che hanno portato all’esterno carte segrete e persino lettere private di Ratzinger.

Papa addolorato e colpito
Informato dell’arresto dell’aiutante di camera nell’indagine sulle fughe di documenti, Benedetto XVI è “addolorato e colpito”. Lo riferisce una fonte vicina al Papa, che sottolinea come “si tratti di vicende dolorose” e come il Pontefice, “consapevole della situazione” mostri “partecipazione” e sia “addolorato e colpito”.

Indagini seguite da 3 cardinali
Il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi, ha detto che la persona in questione è stata individuata dall’attività di indagine avviata dalla Gendarmeria secondo istruzioni ricevute dalla Commissione cardinalizia e sotto la direzione del Promotore di Giustizia. Quindi, se ne stanno occupando tre cardinali.

In manette il maggiordomo del Papa
Il “corvo” individuato dalla gendarmeria vaticana è Paolo Gabriele, “aiutante di camera” della famiglia pontificia, in sostanza il maggiordomo del Papa. Questa mattina Gabriele è stato ascoltato in un interrogatorio dal promotore di giustizia vaticano, Nicola Picardi.

“Non c’erano arresti in Vaticano da secoli”
Gabriele sarà sottoposto a tre gradi di giudizio come qualsiasi cittadino accusato di un delitto e giudicato dal tribunale apostolico poiché il reato è avvenuto in Vaticano. Lo spiega don Davide Scito, docente di Diritto Canonico all’università Pontificia Santa Croce. “Erano secoli che non si arrestava qualcuno in Vaticano”, ha aggiunto Scito.

Il maggiordomo rischia trent’anni
Paolo Gabriele, se riconosciuto colpevole, rischia 30 anni di carcere. I reati dei quali è accusato sono infatti molto gravi: la fattispecie è quella di violazione della corrispondenza di un Capo di Stato, che equivale ad attentato alla sicurezza dello Stato. In merito, la legislazione vaticana recepisce quella italiana ed è possibile che – se condannato – Gabriele debba scontare la pena in Italia, in quanto lo Stato della Città del Vaticano non ha un carcere.

Si delinea in queste ore però un quadro che potrebbe far pensare all’azione di un esaltato e questo aprirebbe altri scenari processuali. Nel caso dell’attentato di piazza San Pietro, Agca fu consegnato alla Giustizia italiana che lo processò, ma negli ultimi anni casi meno drammatici hanno visto all’opera direttamene i giudici vaticani. I Patti Lateranensi consentono infatti entrambe le soluzioni.

fonte www.tg24.com

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