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il Capitano Montese Giuseppe Pugliese:Tornero' in Giappone navigo da15 anni

Patrizia Capuano Monte di Procida. «Il mio pensiero è rivolto a coloro che sono rimasti ad affrontare una vera apocalisse in una terra devastata dal terremoto e dallo tsunami». Giuseppe Pugliese, il comandante 32enne di Monte di Procida alla guida del cargo Sider Joy colpito dall’onda a Ishinomaki, è rientrato in Italia nel primo pomeriggio di sabato con un volo Lufthansa da Nagoya via Seoul. A Capodichino ad attenderlo c’erano le persone a lui più care e lo staff di Romeo Group, la società armatrice di Giovanni Romeo che ha perso nell’inferno nipponico due navi mercantili, la Sider Joy e la Tulipan. Ma il personale a bordo è salvo. «È stata un’esperienza terrificante, la storia che abbiamo vissuto ha dell’inverosimile – continua il capitano – Dopo la scossa di terremoto è stato lanciato l’allarme tsunami. A bordo con me c’era l’equipaggio, il direttore di macchina polacco e tre ufficiali filippini. Appena ci siamo resi conto della gravità della situazione, abbiamo dato spazio a una ventina di giapponesi fermi a terra invitandoli a salire. Si sono salvati tutti. Dopo pochi secondi l’onda ha spazzato via gli uffici del cantiere navale e la Sider Joy è stata lanciata a 800 metri di distanza. Siamo piombati in un terreno, l’imbarcazione si è arenata». Il comandante a questo punto si è accertato che tutti avessero la tuta d’immersione, e con il direttore di macchina ha ceduto la propria. Sono seguite due onde meno intense, ma la nave ha continuato a proteggerli. È così scattato l’Sos alle autorità giapponesi, che hanno immediatamente risposto e inviato un elicottero in ispezione che ha localizzato il cargo. Il giorno successivo, sabato 12 marzo intorno alle 9, sono giunti i soccorsi: l’equipaggio e i giapponesi ospiti del mercantile sono stati tratti in salvo, l’ultimo a lasciare la nave e a scendere dall’elicottero è stato proprio il comandante Pugliese. «Ho semplicemente fatto il mio dovere e offerto il mio aiuto per salvare delle persone – precisa – gli eroi sono altri. Ringrazio l’Ambasciata italiana e Romeo Group con Giovanni e Vincenzo Romeo che ci hanno consentito il rientro. E poi i capitani Antonio Carannante, Rocco Assante e Aniello Esposito che pure mi sono stati vicini». È seguito un controllo in ospedale – dove i sanitari hanno accertato il buono stato di salute – e otto chilometri da percorrere a piedi per raggiungere la scuola Hebita Junior High School, adibita a centro di accoglienza. «Qui ci hanno dato da bere e da mangiare. Ho lasciato una grande nazione e un grande popolo – racconta il capitano – la loro è una lezione di civiltà e dignità da cui trarre insegnamento». In questa odissea, sono stati due gli «angeli custodi» Abe e Ito, dipendenti uno del cantiere e l’altro di un’agenzia, che hanno seguito minuto per minuto l’equipaggio della Sider Joy fino alla partenza. Dalla scuola di Hishinomako a un hotel di Nikata è stato un percorso a ostacoli con posti di blocco e poca benzina, ma in compenso l’emergenza nucleare era lontana, essendo l’equipaggio a 150 chilometri da Fukushima. «Non è stato facile il rientro – continua il comandante – ho perso tutti gli effetti personali ma questo non è importante». Cambierà lavoro? «Assolutamente no. Navigo da 15 anni, non posso fermarmi. Ripartirò tra qualche mese e conto di tornare proprio in Giappone, dove ero dal 26 febbraio. Ora mi fermo, ma riprendo presto», conclude sereno. Il prossimo traguardo a maggio è un bebè, la moglie Luisiana è in attesa del loro secondo figlio. Poi di nuovo in viaggio verso le coste nipponiche

Patrizia Capuano fonte IL MATTINO

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