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Fusaro: Reale Caccia, lago, foci e pantani


In questa straordinaria cartina realizzata dal geografo Rizzi alla fine del 1700 vi sono tantissimi particolari storici ed informazioni importanti come i cognomi dei principali proprietari delle varie aree. Oggi analizziamo la zona di Torregaveta e del Fusaro.

Partendo dall’alto si nota chiaramente la “Reale Caccia del Fusaro” (area n.1) che si estendeva lungo tutto la spiaggia romana, dal monte di Cuma fino alla collinetta di Torregaveta.
Qui il sovrano Ferdinando IV di Borbone era solito cacciare le folaghe, uccelli acquatici di colore nero con una tipica macchia chiara sulla fronte che riprende il colore bianco del becco.

La zona contrassegnata dal numero 2 è visibilmente Torregaveta, in cartina riportata con il nome di “Torre Auta” e dove sorgeva la villa del politico e militare della Roma repubblicana Publio Servilio Vatia o Vaccia come riportato dal Rizzi.

L’area evidenziata con il n.3 è chiaramente il lago del Fusaro (o lago Acherusio) e l’origine del nome Fusaro sembra che derivi proprio dal termine “fusari” che il popolo collegava alle acque stagnanti; secondo altri studiosi il nome trae origine da “infusarium” che vuol dire bagnare o inzuppare d’acqua.
Anticamente questo lago non aveva alcuna comunicazione con il mare e durante l’inverno era solito straripare e creare situazioni spesso disastrose e poco igieniche.

Per questo motivo, in età romana, venne realizzata una prima foce, oggi detta “Foce Vecchia” o “Foce Romana”, ubicata nelle vicinanze di Torregaveta e collegata al mare mediante un canale lungo 800m, profondo circa 1m e attraverso una galleria scavata nel tufo proprio alla base del promontorio di Torregaveta.
La Foce Romana, l’unica visibile nella carta, venne poi ristrutturata nel 1645 per decisione della Santa Casa dell’Annunziata.

Ma questa foce, da sola, non bastava a risolvere i problemi suddetti e quando, con dispaccio del 13 luglio del 1764, venne vietata la macerazione della canapa e del lino nel lago di Agnano e si ordinò di praticarla nel lago del Fusaro, ai problemi preesistenti si aggiunsero anche quelli della salute pubblica.

In pratica la macerazione provocava odore nauseabondo ed era ritenuta causa di pestilenze e febbri malariche.
Così, al fine di migliorare le condizioni climatiche della zona, il re Ferdinando Carlo Maria di Borbone, nel 1856, realizzò una seconda foce con un canale di sbocco lungo 700m, detta “Foce Nuova” o “Foce Borbonica”, situata a nord del lago, dove si trovava anche il cosiddetto Pantano Gaudiello.

La realizzazione della foce aveva lo scopo di drenare le zone ancora acquitrinose e soprattutto l’obiettivo di aumentare le possibilità produttive del lago che nel frattempo era diventato un importante sito di ostricoltura.
Circa un secolo dopo, nel 1945, per offrire una maggiore possibilità di ricambio dell’acqua, venne realizzata una terza foce, nella zona centrale del lago, denominata Foce di Mezza Chiara (o Mezza Chiaia) collegata al mare attraverso un canale lungo 500m.
Questo progetto venne realizzato dall’Opera Nazionale per i Combattenti su concessione dei lavori da parte del Ministero di Agricoltura e Foreste.

La zona n.4, sulla carta denominata “Acqua Morta” rappresenta il cosiddetto “Stagno di Acquamorta”, ossia il meglio conosciuto “Pantano” che era collegato direttamente con il lago del Fusaro e dal quale si alimentava.
Come sappiamo, oggi questo stagno non esiste più perché prosciugato e colmato ed è diventato un’area residenziale con molte abitazioni dove spesso l’acqua piovana continua a creare enormi disagi a causa dello scarso assorbimento e deflusso.

Pasquale Mancino

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