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Dal tufo giallo napoletano a oggi: l’inquietante attività sismica e vulcanica dei Campi Flegrei

I Campi Flegrei: Una Storia Millenaria di Vulcanismo e Attività Sismica

I Campi Flegrei sono un campo vulcanico attivo con una storia eruttiva che si estende per oltre 80.000 anni. Questo complesso vulcanico è noto per aver vissuto almeno due eventi di notevole magnitudo che hanno portato alla formazione di una vasta caldera di circa 200 km². Gli eventi più significativi furono l’eruzione dell’Ignimbrite Campana, avvenuta circa 40.000 anni fa, e l’eruzione del Tufo Giallo Napoletano, che si verificò 15.000 anni fa. Inoltre, recenti ricerche indicano che potrebbe esserci stato un terzo evento di elevata energia intorno a 29.000 anni fa, noto come l’eruzione del Tufo di Masseria del Monte (Albert et al., 2019).

L’ultima eruzione documentata risale al 1538, quando si formò il cono di tufo di Monte Nuovo nell’area occidentale della caldera. In anni precedenti a questa eruzione, la caldera mostrò segni di sollevamento del suolo nella sua parte centrale. Dopo l’eruzione, questa zona è stata soggetta a un graduale processo di subsidenza che è durato fino alla metà del XX secolo. Tuttavia, a partire dalla seconda metà del XX secolo, un nuovo periodo di sollevamento ha avuto inizio, portando a due crisi bradisimiche negli anni 1969-72 e 1982-84, con quest’ultima caratterizzata da intensa attività sismica. Il termine “bradisismo” si riferisce a movimenti verticali lenti del suolo, che possono essere sia di subsidenza che di sollevamento.

Attualmente, i Campi Flegrei mostrano un costante sollevamento del suolo a partire dal 2005, il che è un elemento di preoccupazione per gli esperti.

Prima dell’eruzione dell’Ignimbrite Campana, l’attività vulcanica nell’area è testimoniata da depositi piroclastici e lave visibili solo lungo le scarpate circostanti e in scavi e perforazioni nell’area urbana di Napoli. Questi rappresentano i prodotti di almeno 20 eruzioni esplosive ed effusive generate da centri eruttivi che spesso sono sepolti da depositi più recenti o oscurati dall’urbanizzazione dell’area. Alcune eruzioni si sono verificate persino all’interno della città stessa di Napoli.

Tra i centri riconosciuti nell’area flegrea e nell’area metropolitana di Napoli, ci sono duomi lavici come quelli di Punta Marmolite (47.000 anni) e di Cuma, depositi piroclastici dei Tufi di Torre Franco (>42.000 anni), e altri centri eruttivi come il cono di tufo di Monte Grillo, le lave e scorie dell’Isola di San Martino, i coni di tufo e di ceneri di Miliscola e Vita Fumo, e molti altri.

In particolare, tra l’eruzione dell’Ignimbrite Campana e quella del Tufo Giallo Napoletano, sono state riconosciute almeno 9 eruzioni, principalmente esplosive. La successione piroclastica dei Tufi Biancastri nella parte occidentale di Napoli, separata da paleosuoli, raggiunge uno spessore di almeno 70 metri. Questo suggerisce la presenza di centri eruttivi in un’area probabilmente limitata tra le colline dei Camaldoli e di Posillipo. Alcuni centri eruttivi sono visibili, come Chiatamone e il cono di tufo di Trentaremi (21.600 anni), situato a sudest di Capo Posillipo.

Questi centri eruttivi testimoniano un’attività vulcanica costante nell’area metropolitana di Napoli tra le eruzioni dell’Ignimbrite Campana e del Tufo Giallo Napoletano. I depositi piroclastici sono visibili in numerose località, tra cui Monte di Procida, Punta Marmolite, Trefola, Masseria del Monte, Vallone del Verdolino, Moiariello, Ponti Rossi, Sant’Arpino, Monte Echia, San Martino, Villanova, Chiatamone, Coroglio e Trentaremi.

L’attività vulcanica tra 40.000 e 15.000 anni fa ha dato origine anche a centri eruttivi sottomarini come i Banchi di Miseno e di Pentapalummo, situati nel bordo meridionale sommerso della caldera flegrea.

Nell’ultimo periodo, ovvero negli ultimi 15.000 anni, l’attività eruttiva è stata principalmente esplosiva, con depositi da caduta e da corrente piroclastica, e la formazione di coni di scorie e tufo. Questa attività esplosiva è stata prevalentemente di tipo pliniano o sub-pliniano, con colonne eruttive che hanno disperso i prodotti principalmente verso est. In alcuni casi, si sono verificate eruzioni effusive, dando luogo a duomi lavici nella parte centro-orientale della caldera, e eruzioni stromboliane di minore energia.

Questo periodo è stato caratterizzato da due lunghe fasi di quiescenza, che hanno permesso di suddividere l’attività eruttiva in tre epoche distinte:

  1. Prima Epoca di attività (15.000-10.600 anni fa)
  2. Seconda Epoca di attività (9.600-9.200 anni fa)
  3. Terza Epoca di attività (5.500-3.800 anni fa)

In totale, nel corso di queste tre epoche, sono state documentate circa 70 eruzioni, in gran parte esplosive, con centri eruttivi principalmente localizzati nel settore centro-orientale della caldera. Tra queste, le eruzioni delle Pomici Principali (12.300 anni fa) e di Agnano-Monte Spina (4.550 anni fa) sono state tra le più energiche.

L’attività vulcanica dei Campi Flegrei continua a essere oggetto di attento studio e monitoraggio, data la sua posizione in una delle aree più densamente popolate d’Europa e la sua storia eruttiva tumultuosa. Gli scienziati cercano di comprendere meglio i processi vulcanici in corso e i potenziali rischi associati a questa regione vulcanica attiva.

fonte: https://www.ov.ingv.it/index.php/monitoraggio-sismico-e-vulcanico/campi-flegrei/campi-flegrei-storia-eruttiva

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