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Al Festival dei Popoli di Firenze Le Chiavi di una Storia per comprendere l’oggi. di Assunta Esposito

Da Assunta EspositoAl Festival dei Popoli di Firenze Le Chiavi di una Storia per comprendere l’oggi.

Si è aperto con il docufilm di Federico Micali Le Chiavi di una Storia, la 63sima edizione del Festival dei popoli di Firenze, il 5 novembre 2022. Il Festival dei popoli di Firenze è il più importante festival documentario in Italia e il più antico in Europa e vi partecipano tutti i registi appassionati di documentari, perché coniugano la loro natura creativa con il loro bisogno di giornalismo-antropologico-sociale. Tutti i docufilm che vengono ammessi alle varie edizioni trattano temi che inducono il pubblico a riflettere e meditare sulle realtà della vita, sono le voci dei giovani di paesi diversi che vogliono lanciare segnali di luce verso nuovi orizzonti.

Il docufilm di Federico Micali, regista fiorentino, che ha scelto di vivere in un quartiere popolare, chiamato Isolotto, dalla storia molto singolare, riguarda proprio la Storia dell’Isolotto, un quartiere operaio nato nel 1958 e che fino al 2006 è stato oggetto di studio e attenzione internazionale.

Il titolo Le chiavi di una Storia – la comunità dell’Isolotto, ci indica non solo la storia di una piccola comunità, ossia quella di un nuovo quartiere popolare ‘fuori le mura’ della città di Firenze, ma anche la Storia dei rapporti tra La Chiesa e la Società italiana negli anni sessanta, che sono stati gli anni delle rivendicazioni delle Democrazie e dei diritti umani, nel nord del mondo occidentale.

“C’è stato un tempo in cui il quartiere dell’Isolotto a Firenze è stato al centro dell’attenzione mondiale: la contestazione del ‘68 si è estesa alla Chiesa e un’intera comunità, che aveva praticato le idee del Concilio Vaticano II crea una vita partecipativa nella piazza, una realtà comunitaria orizzontale, aperta agli ultimi e attenta alle disuguaglianze, e che continua fino ad oggi” – dirà una delle testimoni.

In una sua intervista Federico Micali ci racconta che la Storia del ‘luogo fisico’ su cui verranno poi nella metà degli anni 50, costruite le case del quartiere, secondo i criteri di un’edilizia di sperimentazione, (cosa che successivamente non vedremo più nelle periferie delle città d’Italia grazie alla legge n.167 e alla lottizzazione dello spazio non solo orizzontale ma anche verticale), che vuole rendere funzionale e umano in ogni senso, nasce già con questa vocazione. Infatti un pò ironicamente racconta che durante il periodo fascista lo stesso luogo ‘fuori le mura’ venne scelto come Teatro delle rappresentazioni di massa, un po’ alla Majakowski, con parate e tantissime comparse, ma un infausto clima con pioggia torrenziale disperse tutti gli spettatori, che già esigui nella partecipazione, fecero fallire la parata. “Mi piace pensare” – ci dice il regista – “che il luogo dove poi verrà costruito l’Isolotto nasce dunque antifascista prima di essere Isolotto.”

Il film è articolato come un libro multimediale, costruito per capitoli e paragrafi. Le chiavi sono la parola ‘chiave’. Abbiamo il capitolo Le chiavi delle case, e le chiavi della chiesa, e cosi via, perché di questo si tratta della storia di una comunità con l’unica appartenenza il Lavoro, al nuovo territorio e a una nuova “Chiesa”. Attraverso la narrazione e le testimonianze ancora in vita, e la documentazione per immagini, si ripercorrono anche le tappe della storia d’Italia di quegli anni e della spinta rivoluzionaria che partendo da una chiesa che stava vicino agli ultimi, cioè gli operai, stravolge ogni dogma e trasforma il rapporto tra l’uomo e Dio. Parliamo di quella linea di continuità che da Don Mazzi, e Don Milani, giunge oggi fino a noi attraverso Don Zanotelli, e Don Sodano, e anche Don Maione. Tutti preti che non hanno fatto, né mai faranno carriera in Vaticano, osteggiati dai vescovi e spesso anche umiliati e giustiziati, ma che mai hanno smesso di operare la loro evangelizzazione vicino agli ultimi, fossero questi gli abitanti immigrati e operai di un quartiere vicino Firenze come l’Isolotto, oppure i bambini sulle discariche di Nairobi, o ancora gli abitanti di quartieri cd. a rischio della città di Napoli o Milano.

Il film è commovente. E’ commovente vedere come delle persone che non avevano nulla da difendere, poiché entravano nel quartiere, senza nulla, provenendo da aree geografiche diverse dell’Italia, costruiscono la Comunità. Una comunità dove fedeli e laici partecipano insieme a questo nuovo modo di leggere il vangelo e la bibbia. A come piantano alberi, a come rendono bello sotto ogni aspetto di un ‘bene comune’, che era il quartiere, a come si ribella all’autorità della Chiesa che scissa tra potere della medesima e invece Amore verso il prossimo, produce il più bel esperimento di partecipazione diretta alla vita politico-sociale della comunità: la messa in piazza che si fa assemblea pubblica, dove le decisioni vengono prese tutti insieme. Un caso di Democrazia diretta potremmo dire con Costituzione alla mano, un caso di socialismo reale. Del resto per Don Mazzi, Don Milani, Don Zanotelli, Don Sodano e Don Maione, Gesù era un socialista. Il primo socialista della Storia.

Federico Micali, regista e sceneggiatore fiorentino, è autore di numerosi film che spaziano tra la finzione e il documentario di creazione, e che spesso si sono legati al racconto delle proprie città. Tra questi L’Universale, – Cinema Universale – d’essai e poi film nel 2016 con Francesca Turbanti e Matilda Lutz, Note dal basso 2003, L’ultima zingarata (2011) con la partecipazione di Mario Monicelli e i recenti documentari Firenze sotto vetro e Looking for Negroni.

Assunta Esposito

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