Anita Amato ha già partecipato a diversi viaggi in Africa con il Console del Benin, Giuseppe Gambardella. Durante queste missioni sono tantissime le cose da fare. Dalla costruzione di pozzi all’inaugurazione di scuole passando per la distribuzione di cibo. Insomma un lavoro enorme affrontato con impegno e dedizione.
Anche il suo terzo viaggio è stato ricco di soddisfazioni, emozioni e lacrime.
Tanto da convincere la stessa a dedicare una struggente lettera al Continente africano. Una lettera nella quale si nota l’amore viscerale della stessa verso tutto ciò che ha visto, percepito, intuito insomma vissuto di quel grande Continente.
Questo il testo:
Africa,
ti scrivo con gli occhi ancora pieni di te.
Con la polvere nelle scarpe,
il tuo cielo dentro l’anima
e il cuore che non riesce a smettere di battere forte, ogni volta che ti pensa.
È la mia terza volta tra le tue braccia,
e ogni volta mi stravolgi come fosse la prima.
Ma stavolta…
sono arrivata fino in fondo.
Fino al tuo nord.
Fino a dove la strada si fa silenzio,
dove la vita è dura,
ma i sorrisi sono veri, profondi, indelebili.
Credevo di venire per donare,
e invece sei tu che hai donato a me.
Mi hai regalato sguardi che parlano senza voce,
abbracci che curano ferite,
piccole mani che si aggrappano a me
come a qualcosa che non deve andare via.
Una bambina ha detto il mio nome,
con una dolcezza che mi ha tolto il fiato.
In quell’istante ho capito che non sarei mai più stata la stessa.
Perché tu, Africa,
sai entrare dentro con delicatezza
e poi restare, per sempre.
E poi ci sono stati i pozzi.
Africa mia, se solo potessi raccontare lo stupore nei volti…
Abbiamo aperto la terra,
e l’acqua è salita, limpida e viva, come un miracolo.
Ho visto occhi sgranati, mani tese,
bambini che urlavano di gioia,
donne che si inginocchiavano commosse.
Era la prima volta, per molti, che vedevano l’acqua uscire così,
vicino a casa, senza dover camminare per ore.
Lacrime e sorrisi si sono mescolati.
E in quel momento, Africa, ho sentito il tuo cuore battere nel mio.
E poi, le scuole.
Porte che si aprono, finestre che guardano al futuro.
Abbiamo costruito muri, sì…
ma dentro ci abbiamo messo speranza.
Ho visto bambini sedersi sui banchi con occhi pieni di orgoglio.
Li ho guardati scrivere, leggere, imparare.
E ho pensato che è così che si cambia il mondo.
Ho visto cicatrici che raccontano storie di sopravvivenza,
e occhi che brillano nonostante tutto.
Ho dormito sotto zanzariere come veli leggeri,
mi sono svegliata con il canto della tua gente,
ho steso il bucato al sole
e mi sono sentita, semplicemente, viva.
Mi hai insegnato che non serve niente per essere felici.
Serve esserci.
Con l’anima nuda.
Con il cuore aperto.
Con le mani pronte a dare e a ricevere.
E poi, mi hai portata davanti alla Porta del Non Ritorno.
E lì, Africa, mi hai spezzato il fiato.
Mi hai raccontato il tuo dolore.
La tua storia.
E io l’ho ascoltata in silenzio, con le lacrime che non riuscivo a fermare.
Hai gridato senza voce,
e io ti ho sentita forte.
Questa non è solo una missione.
È un patto tra noi.
Io ti porto nel mondo, ti racconto, ti difendo.
Tu continui a mostrarmi la verità.
Mi hai tolto le certezze.
Hai spogliato le mie convinzioni.
E nel farlo, mi hai guarita.
Africa, tu mi hai insegnato a rallentare,
a sentire davvero,
a capire cosa conta.
Mi hai insegnato che si può essere felici con niente,
se il cuore è pieno.
Grazie per ogni bambino che mi ha sorriso,
per ogni donna che mi ha guardata come sorella,
per ogni mano che mi ha stretta come a dire:
“Resta ancora un po’.”
Grazie per avermi accolta così come sono,
senza filtri, senza dover dimostrare nulla.
E grazie a mio figlio,
che mi ama anche quando parto con la valigia piena di sogni
e torno con il cuore colmo di te.
Africa,
tornerò.
Sempre.
Perché non si lascia davvero mai un posto
dove hai lasciato un pezzo di cuore.
E tu, il mio cuore,
lo hai preso tutto.
Con affetto,
Anita❤️
