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“CUORE FLEGREO” del Maestro Antonio Colandrea. Testo a cura di Viola Scotto Di Santolo

CUORE FLEGREO” del Maestro Antonio Colandrea

Testo a cura di Viola Scotto Di Santolo

“Il cuore sta in silenzio. La ringhiera oscilla. Papà non si è accorto di niente.
Mi arrampico, tengo stretto il corrimano.
Gli acrobati non cadono mai.
Mi srotolo, mi diluisco nell’aria. Mi piacciono le cose che si prolungano prima di finire.
Allungo le gambe più che posso, stendo i piedi, e poi, uno per volta, dall’alluce fino al mellino.
E’ l’ultima volta che mi guardo i piedi.
E’ il mio sesto compleanno.
Da oggi sarò una sirena.”

Ho cominciato questa storia di Antonio Colandrea, che ho amato e amo tanto, per parlare del suo progetto “Cuore Flegreo”, realizzato grazie ai fondi Poc Campania 2014-2020 e nell’ambito della rassegna “Arte, moda e musica nella terra del mito”.
Si trattava di uno spettacolo nato dal desiderio di omaggiare i Campi Flegrei e in particolare Monte di Procida, la sua terra madre.
Lui era l’ideatore il curatore e il regista dello spettacolo.
Il Maestro aveva pensato a un progetto trasversale che riunisse, per la prima volta, i giovani talenti delle migliori scuole campane, tra cui quella del Teatro San Carlo.
Uno spettacolo incantevole, con musica dal vivo ed arrangiamenti del tutto inediti ad opera di grandi artisti locali come Isabella Mavaro (voce solista), Geppino Scamardella (chitarra e voce) e Luca Valenziano (percussioni e effetti speciali).
Uno spettacolo nato per mettere in luce le dinamiche musicali e i gesti del folclore napoletano attraverso rappresentazioni di Reginella, Malafemmena, ‘O sole mio, Tarantella, Tammurriata nera e altre, che mostrarono a un pubblico incantato come la gestualità squisitamente partenopea potesse diventare coreografica e teatrale.
Il suo scoop era evocare le emozioni legate alle tradizioni quotidiane napoletane, ai sentimenti della gente.
Mise in scena donne capricciose, testarde, vanitose e volubili, le “reginelle” contemporanee, investì il pubblico dell’energia dei vicoli di Napoli.

E voi, lo sapete cos’è una tarantella? Sapete come ci si strugge con la “Passione” di Libero Bovio?
Conoscete i tormenti antichi e la fremente gelosia di quella “Voce ‘e notte” portata al successo da Roberto Murolo?
Lui lo sapeva.
Mi chiesi perché.
Mi chiesi come riuscisse a portare in scena l’allegria e il dolore. Il tormento e la gioia. Il dramma nella tarantella.

Glielo chiesi.

La memoria gli fece fare un volo all’indietro.
Fino ad Acquamorta, Monte di Procida.

Lì si fermava la gente a guardarlo. Lo guardavano sempre troppo. Come si guarda una cosa che incanta e spaventa.
Era magrissimo. Aveva i capelli che assomigliavano al grano. I piedi sempre nudi, bruciati dalla terra.
Gli altri bambini, tutti più grandi di lui, passavano i pomeriggi a dare calci annoiati a un pallone e poi si stancavano.
Non sapevano cosa fosse l’arte.
Gliela fece vedere lui.

Un giorno li costrinse a seguirlo in cantina. C’era un tavolo di legno, lunghissimo. Lo usó come palco. Con una tenda fece il sipario. Indossó i pantaloni di suo padre.
Il momento più bello fu il volo.

Eppure, in terza elementare, quando la maestra Marisa lo scelse per fare un balletto, disse di no.
Al suo posto ci andò un altro bambino e lui imparó tutti i passi di nascosto e nel frattempo gli parve di essere affetto da una malattia terribile. La solitudine.
La maestra se ne accorse.
Gli disse – “Che hai?”
“Vorrei fare il balletto”. Le rispose.
“Ormai è tardi, non sai i passi”.
Ma si sbagliava.

Monte di Procida è una terra piena di orizzonti. Piena di mare. Ma il mare è un tranello. Passi un sacco di tempo ad aspettare una barca che non tornerà. E poi sparisci.
Lui non voleva sparire.
Tutti lo guardavano ma nessuno lo vedeva.
Lui voleva farsi vedere. Voleva sapere chi era.
“Metti la musica, maestra”.

È il settimo di nove figli e l’ottavo di dieci parti.
Ha sette sorelle che tutti conoscono.
Sette sorelle che lo amano molto.
Da bambino dormiva poco, ascoltava tutto, era insofferente agli obblighi e ai comandi e per questo generosissimo. Andava a fare la spesa, bastava solo che nessuno glielo chiedesse.
Suo padre era severo, lo baciava di notte, solo di notte, quando credeva che lui non lo vedesse.
Desiderava che andasse bene a scuola e che fosse istruito. E lui lo accontentò. Sapeva a memoria tutte le poesie.
Gli piaceva guardare le cose da lontano, con lentezza.
E gli piaceva la danza perché la danza non aveva bisogno di parole. Aveva bisogno di gesti. Anche quando stai fermo danzi.
Il cuore batte sempre.

Era un bambino esile, magrissimo.
E quando camminava per strada si sentiva osservato da certi vecchi selvatici appollaiati sulle panchine come corvi oziosi sui rami, lo guardavano con sospetto, come se avesse un difetto.
Soltanto perché lui sapeva danzare.
Sapeva i passi del mondo e loro no.
Un giorno arrivò a casa sua un signore che aveva con sé la foto di sua figlia. Una piccolissima ballerina in tulle.
Quel giorno lui decise. O forse alcune cose non le decidi mai.

A nove anni inizió a prendere la Cumana da solo, era un bambino responsabile, usciva prima da scuola e prendeva la Sepsa.
Tornava a mezzanotte. Non aveva le chiavi. Sua madre lo aspettava sveglia. Ogni sera. Seduta su una sedia di legno scomoda. In silenzio.

A teatro, improvvisamente, era un ragazzino di provincia da tenere a distanza. Doveva vestirsi meglio degli altri per far credere che era come tutti.
Ma lui non lo era. Lui era soltanto il più bravo.

Quando ha diviso il palco con Rudolf Nureyev si è ricordato del molo ad Acquamorta. Di chi lo guardava troppo a lungo. Di chi lo trovava strano. Di chi non l’ha capito.
Ha pensato che aveva fatto tutto quello che poteva fare. Che aveva rubato tutto quello che c’era da rubare. E che era diventato quello che voleva diventare. Voleva perdersi e si è trovato.
Ha pensato a suo padre.

Voleva essere una sirena.
Ed è stato il mare.

E poi ha pensato a sua madre, che ogni sera lo aspettava sveglia con una copertina sulla gambe per non sentire troppo freddo.
Non gli ha mai chiesto niente. Non si è mai chiesta niente.

E questa storia è dedicata a lei.

Di seguito il videopromo dello spettacolo che sarebbe andato in scena il 29 marzo, non realizzato in seguito al lock down. In attesa di una data futura il maestro ne sta preparando un altro dal Titolo SINE SOLE SILEO (senza sole ,taccio!)con i danzatori professionisti di Human -Body di Art GARAGE diretti da Emma Cianchi, e con le musiche dal vivo di Luca Valenziano e la partecipazione dell’attrice Clotilde del Vaglio…

Video presentazione:

https://www.facebook.com/maria.chiocca.71/videos/1149512455397143/

 

 

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