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Astolfo stavolta parla di Costituzione!

E insomma: passa il 27 dicembre, passa pure il 1° gennaio e nessuno, nessuno proprio, tra quelli che girano, scavano, persino razzolano e beccano nel nostro insignificante pollaio si ricorda di ricordarci che sono 70 anni dalla promulgazione e poi dall’entrata in vigore della legge fondante il nostro Stato? Vanno bene gli auguri e le abbuffate festaiole, come anche tutti gli sproloqui della campagna elettorale, con promesse che hanno a volte reso difficile la digestione a molti stomaci, ma la Costituzione è il nostro inizio, la strada da tenere sempre. Dico di noi Italiani pronti negli 80 anni dopo il 1861 a farci maltrattare dalla Storia e non solo dalla sorte: i Liberali di destra e di sinistra più scadenti d’Europa, i Savoia piccoli piccoli, le guerre perse anche quando erano vinte – nel ’18!-, i miti e la realtà del ventennio, il dopo ’45 democristiano, la Fiat, le autostrade, quasi niente per i “subalterni” di sempre, le velleità rivoluzionarie della Sinistra finite in compromessi ed autocompiacimento di essere i migliori (Come Togliatti diceva di sé, in pieno stalinismo). Direte che Astolfo può e deve navigare il cielo della luna e guardare in alto, ed avete ragione. Ma per la Carta che ci fa Cittadini a pieno titolo, ci assegna diritti e ci indica doveri, ci consegna la forma –Stato di un vivere civile finalmente democratico, e tanto tanto ancora…, consentirete anche al cavaliere distratto, lontano dal terreno battuto dai vostri piedi di dire una, due parole? Guardate che solo i grandi giornali hanno dedicato alcune paginate alla ricorrenza. A memoria di Astolfo, non s’è visto in giro nulla, nemmeno un discorso raffazzonato alla peggio di un ministro, un sindaco, un assessore, un maestro di scuola o un preside! Figure, tutte meritevoli, che pronunziano le orazioni del 4 novembre e qui però assenti e taciturni come tutti gli altri che fanno da pubblico…Nulla da dire?

Forse un discorso lo avrebbe dovuto fare ogni capofamiglia, persino il parroco di ognuno delle migliaia di centri piccoli e grandi del Paese. Sarebbe però stato, nel primo caso, la prevedibile denuncia di chi non vede molta Costituzione nel quotidiano; nel secondo, si sarebbe potuto rischiare di riaprire il vecchio conflitto Stato-Chiesa, nonostante i patti del Laterano! A voce bassa ma ben scandita, come chi sa quel che dice, il capofamiglia avrebbe potuto chiedere nient’altro che quanto la Carta stabilisce: il lavoro e la sovranità popolare, i diritti inviolabili di ogni uomo, in quanto singolo e/o in organizzazioni sociali, l’uguaglianza formale e sostanziale, uno Stato decentrato, il riconoscimento di chi parla altra lingua dentro i confini dell’Italia, l’autonomia della Chiesa cattolica, insieme al rispetto di ogni altra fede, lo sviluppo della cultura, della ricerca, la tutela del paesaggio e del patrimonio storico, il riconoscimento del diritto internazionale e il ripudio della guerra … sotto la bandiera tricolore! Astolfo ripete: nient’altro. Le cose, in fondo, ancora irrealizzate o precarie e zoppicanti in questa Italia che sembra ancora la stessa degli anni in cui a leggere e capire erano pochi, e i subalterni già detti sopra, buoni per la guerra e l’obbedienza, che partivano per terre lontane o restavano silenziosi dove chi capiva le cose li relegava! Roba d’altri tempi, diranno i saputi e gli astiosi! Mah… E quelli accennati dal Nostro personaggio erano soltanto i Principî fondamentali, i primi 12 articoli di quella che chiamiamo “la Costituzione più bella del mondo”!

Poi la Carta che – a dire di Benigni, astolfiano o astolfesco prima di Astolfo – composero “come sinfonia” quegli uomini saggissimi e pronti a mettere gli interessi della democrazia prima dei propri di partito, si allunga in altri 121 articoli. Semplici, chiari, non equivocabili, data la materia non facile, specie in un Paese in cui l’analfabetismo mordeva nel profondo la società dal Nord al Sud..  Con la I parte che dispone e sancisce i Diritti e Doveri dei cittadini, chiarisce, definisce, regola i rapporti civili, etico-sociali, economici e politici. Così delinea i principi concreti di una società nuova, libera, sul filo difficile di diverse posizioni storiche: libertà con solidarietà, liberismo con l’impianto di un welfare da costruire proprio per realizzare le prospettive dell’antifascismo da cui nacquero la Carta e l’accordo tra forze politiche diverse. Tutelare il lavoro insieme alla libera iniziativa, il libero pensiero con ogni forma organizzata di militanza… e ancora altro, in un orizzonte sociale, ma rispettoso dell’individuo detentore di inviolabili libertà. E la II parte, quella che fissa e descrive l’Ordinamento della Repubblica, dello Stato nuovo miracolosamente nato dal collasso della dittatura e dalla riflessione di coloro che le erano stati nemici. Coi principi nuovi finalmente opposti alle ubriacature razziste, alle vertigini da superuomo degli anni finali del regime mussoliniano allineato alla follia lucida hitleriana, sostenuta da vari epigoni di certa cultura nazionalista non solo tedesca, che aveva a proprio uso letto e interpretato filosofi della crisi di fine Ottocento. La II parte della Costituzione equilibra i poteri, li bilancia in un quadro complesso, rituale che porta alle garanzie di tutto l’insieme. Anche qui il quadro è delicato ma chiaro: la repubblica è parlamentare. Parlamento, Governo e Magistratura giocano in campi separati ma contigui, e i rispettivi poteri si armonizzano e convivono in quella dialettica, astratta in apparenza, ma importantissima, sotto la “sorveglianza” di un Presidente previsto super partes, ma dentro i paletti democratici. Nel 2001 e nel 2012, a mia memoria, due leggi costituzionali hanno cambiato diversi articoli del titolo V, quello sulle autonomie amministrative, ma l’anima giovane della Carta Costituzionale è ancora lì, abbastanza inascoltata dopo la confusa “rivoluzione” del 1992, con l’implosione dei partiti storici. Rivederla senza stravolgerla, secondo le linee delle 18 disposizioni transitorie poste dopo i 133 articoli. Sarà possibile, tra diversi che se potessero la strapperebbero la Costituzione e non ne fanno mistero?

Astolfo sa bene che qui scrive di libri, di quel mondo di carta che attacca tutti alla vita e al suo scorrere anche se non ce ne accorgiamo, quindi… Quindi nel cesto abbastanza pieno di testi usciti per l’occasione, pesca a colpo sicuro solo qualche titolo: La repubblica inquieta. L’Italia della Costituzione 1946-48, dello storico Giovanni De Luna ed uscito nell’anno trascorso. L’autore è specialista di storia contemporanea, abbastanza post-ideologico che riesce a darci una lettura equilibrata e convincente sulle vicende del nostro Paese all’indomani della guerra, da narratore di buona penna di vari momenti dell’Italia del Novecento, di vicende legate alle trasformazioni economiche, al movimento operaio e alle mille contraddizioni dello sviluppo industriale. E ad Astolfo pare che anche in questo libro egli racconti la grandezza limpida della Carta costituzionale, emersa sull’eco dei fumi e degli ultimi colpi d’arma della tragedia nazionale tra il ’40 e il ‘45.

G.DE LUNA, La repubblica inquieta. L’Italia della Costituzione 1946-48, Feltrinelli 2017.

Astolfosullaluna1@libero.it           

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