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Interventi di L.Coppola, G.Pugliese, G. Coppola al cons.com. congiunto del 11/8/

L’11 agosto 2007 sera, in piazza XXVII gennaio, si è svolta la seduta solenne congiunta dei Consigli Comunali di Procida e Monte di Procida in occasione del centesimo anniversario del primo consiglio comunale montese tenutosi l’11 agosto 1907.In quella occasione vi furono tanti interventi dei consiglieri presenti, molti dei quali veramente interessanti. Per tale motivo, montediprocida.com ha deciso di raccoglierli e riproporli a quanti non furono presenti in quella storica serata.

Dopo la pubblicazione dell’intervento dell’ass. comunale di Procida Salvatore Costagliola vi presentiamo oggi gli interventi dei consiglieri Leonardo Coppola, Giuseppe Pugliese e di Giuseppe Nicola Coppola detto Pippo.

Un grazie a Peppe Pugliese (pariduzz) per averci fornito i testi degli interventi:


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Il 27 Gennaio 2007 abbiamo festeggiato 100 anni di autonomia di Monte di Procida conferita con decreto regio il 27 Gennaio 1907 da Re Vittorio Emanuele III.

L’11 Agosto 1907 si è celebrato il primo consiglio comunale presieduto dal consigliere anziano Ludovico Quandel con il quale è stato eletto, come primo Sindaco di Monte di Procida, il dott. Michele Coppola.

Voglio ringraziare tutti i montesi ( marinai, contadini, emigranti e altri) che con il loro coraggio, dignità e sacrifico hanno, nei primi cento anni del nostro comune, contribuito a far crescere e migliorare la nostra comunità.

Rinnovo al Sindaco pro tempore e all’amministrazione la mia precedente proposta non accolta con la quale chiedevo, in segno di rispetto e riconoscenza , di intitolare l’aula consiliare a Ludovico Quandel per quanto fatto per il nostro paese.

Quindi stasera festeggiamo i primi 100 anni di consiglio comunale cioè i primi 100 anni di attività consiliare con la quale si sono prese e si devono prendere le decisioni per le sorti della nostra comunità.

Siamo tutti legati alla comunità di Procida i cui rappresentanti politici salutiamo e ringraziamo per la presenza qui stasera.

Vorrei , nell’occasione del centenario della nostra autonomia, riprendere e sostenere, allargandone ancora di più il significato, l’idea dei nostri concittadini originari cioè quella di denominare il nostro territorio, allargato a quello dei comuni di Pozzuoli, Bacoli e Procida, Nuova Cuma visto che le nostre storie e i nostri territori siano una sola cosa.

La nuova città flegrea, chiamata appunto Nuova Cuma,avrebbe come filo conduttore la storia comune dei 4 paesi e permetterebbe alla nuova collettività, costituita da più di centomila abitanti, di potersi confrontare con le altre realtà con progetti seri e costruttivi che permettano una vera e definitiva crescita del nostro territorio.

Tutti pensiamo che i nostri territori da Pozzuoli alle isole del golfo siano tra i posti più belli del mondo tanto che i turisti e le persone di altri territori si chiedono come mai tutte le nostre bellezze non siano sfruttate e valorizzate a dovere.

Non abbiamo nulla da invidiare ad altri posti come la costiera sorrentina, la Sardegna e altri posti europei o americani.

Che cosa è che fa la differenza?

La differenza è determinata dalla classe dirigente e dal coraggio dei cittadini.

Con tutto quello che il nostro territorio offre da un punto di vista paesaggistico e storico (e da questo punto di vista siamo anche nettamente superiori agli altri posti prima citati) ancora oggi nel 2007 abbiamo cittadini dei 4 comuni flegrei che sono costretti ad emigrare negli Stati Uniti d’America o al Nord Italia per poter lavorare e avere e dare dignità a se stessi e alle proprie famiglie.

Così si distruggono le famiglie e si arresta la crescita storica ed economica dei nostri paesi.

Abbiamo la carne ma non abbiamo i denti?

Penso che abbiamo sia la carne che i denti ma non facciamo (o non vogliamo ) far funzionare il cervello!

Come, con serietà , si può pensare di fare un progetto serio per Monte di Procida senza pensare e coinvolgere Bacoli e/o Pozzuoli?

Come si può pensare di incidere sul territorio puteolano senza sfruttare le meraviglie di Bacoli e Monte di Procida?

Non è meglio organizzare e pianificare l’intero territorio degli attuali comuni destinando, a seconda delle caratteristiche peculiari, ad ogni sede particolari strutture economiche, ricettive, culturali e amministrative in modo da far crescere tutti in modo cospicuo anziché come,succede ora, tutti separati e poco?

Come è possibile fare la raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani solo a Monte di Procida tenendo il paese pulito e non a Bacoli e Pozzuoli e Procida?

Voglio ,e consentitemi di farlo, con questo anche ricordare il nostro merito storico, cioè della precedente amministrazione guidata da Pippo Coppola, di aver introdotto e sfruttato la raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani permettendo a Monte di Procida di essere una delle poche realtà campane libere dai rifiuti sversati sulle strade cittadine (cosa offensiva per la dignità umana).

Se anche Monte di Procida diventasse una piccola Montecarlo che sviluppo potrebbe avere dovendo i turisti, per arrivare a Monte, passare per Pozzuoli e Bacoli ripiene di spazzatura?

La costituzione di un solo comune permetterebbe di avere una visione completa e seria delle problematiche e di ridurre le spese della cosa pubblica( 1 sindaco e 1 consiglio comunale anziché 4).

Questo è parte di quello che deve fare la classe dirigente mentre il coraggio dei cittadini si deve estrinsecare nel pretendere di partecipare e di essere informati e di affidarsi a chi ha progetti seri per l’intera collettività e non a chi risolve transitori ed effimeri bisogni personali.

Mi auguro di non dover attendere un altro centenario affinché siano realizzate almeno in parte queste mie aspettative sulle quali sono disposto al confronto con tutti quelli che hanno veramente a cuore le sorti dei nostri territori.

Leonardo Coppola


**************** Intervento di Giuseppe Pugliese *************************

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Comincio con il rivolgere un ringraziamento particolare all’ amministrazione comunale che ha fatto propria la mia proposta di un consiglio comunale a cento anni esatti dal primo,da tenersi proprio in piazza 27 gennaio….un processo di immedesimazione e appropriazione tale da dimenticarne la provenienza.

Il Sindaco ha opportunamente esaltato il clima di serenità e concordia che ha visto per il centenario un lavoro comune di maggioranza e opposizione,tuttavia non avrebbe fatto onore né al consiglio comunale (che è sempre e comunque luogo di confronto e dialettica politica),ne tantomeno alle diverse visioni presenti nell’ elettorato un appiattimento sterile in funzione della festa e della ricorrenza ,queste tensioni e queste differenze nel reciproco rispetto e in una leale contrapposizione non devono essere annacquate.

Con questo spirito i consiglieri di minoranza sono stati propositivi e costruttivi consigliando eventi come quello di questa sera,invitando l’amministrazione ad una spesa piu’ oculata e meno superficiale dei fondi destinati ai festeggiamenti,tra le altre cose,abbiamo proposto di rimuovere quell’antiestetico obbrobrio al cercone e riporvi qualche monumento che fosse rappresentativo della nostra identità,consigliando di riempire di contenuti e valori questi festeggiamenti.

Abbiamo anche avanzato l’idea di affidare alla Università Federico II una seria e scrupolosa analisi territoriale,una sorta di studio di fattibilità capace di studiare il nostro tessuto sociale,culturale ed economico e di prospettare in maniera analitica e razionale le strade per uscire dalle secche di un economia asfittica e fortemente emulativa.

Per evitare che anche l’evento di stasera si riveli un vuoto e pomposo cerimoniale,abbiamo il diritto dovere di fare una riflessione profonda:come già ribadito per noi la festa del centenario non è la festa delle parate ,delle istituzioni,dei cantanti,e delle veline domestiche,ma è la festa di tutti quei cittadini che con le loro esistenze semplici ma grandiose hanno costruito la vera storia del nostro comune.

La spina dorsale che regge il passato laborioso e fervido della nostra comunità a mio avviso è costituita da tre figure di fondamentale importanza:Il contadino,il marinaio e l’emigrante.

E’ stato con i sacrifici di chi parte,con le lacrime di chi resta,con le grida strazianti delle vedove affacciate alle finestre a guardare un mare di tristezze,con le fatiche e i dolori dei contadini,con le sofferenze degli emigranti,coi mattoni del dolore e del sacrificio che si è veramente edificata una Monte di Procida dal passato glorioso e prosperoso.

Abbiamo invitato l’amministrazione ad esaltare e celebrare il ruolo fondamentale di queste tre figure,anche attraverso la creazione di un museo tematico.

Abbiamo bisogno più che mai di persone come “i padri dell’ ‘autonomia”per poter guardare al futuro con ottimismo,c’e’ bisogno di persone come Ludovico Quandel dalla schiena ritta e dalla moralità ineccepibile,di individualità con tanta voglia di dare incondizionatamente il proprio contributo alla storia di questa comunità,di giovani e fresche energie soprattutto ideali e morali in un momento di grave disagio politico e di preoccupazione per il futuro.

Abbiamo bisogno di giovani menti fresche e genuine, proprio come quei ragazzi che hanno aiutato Pasquale Mancino a mettere online su montediprocida.com una meravigliosa rappresentazione audio del primo consiglio comunale,che ho avuto il piacere di ascoltare proprio pochi minuti fa .

Avremmo avuto tanto bisogno di una persona come Fabiana Scotto di Perta,che proprio insieme a Pasquale stava lavorando ad un originale e grandioso progetto per il centenario,si è parlato tanto stasera,e a ragione dell’ enorme contributo che ha dato suo padre,l’indimenticato ex sindaco Pino Scottodi Perta a tutta la nostra comunità,io credo che se a Fabiana il Signore avesse dato piu’ tempo avrebbe senz’ altro potuto dare anche lei un contributo enorme con il suo vulcanico entusiasmo e con la sua enorme cultura.

Le grandi nazioni cosi’ come i piccoli comuni ,nati da un movimento autonomista e indipendentista, hanno sempre beneficiato durante il corso della storia di quegli iniziali slanci libertari,autonomistici,egualitari,con quegli ideali di libertà e pace hanno costruito democrazie esemplari e durature nel tempo.

Cosi’ anche Monte di Procida con il carburante portentoso della ritrovata autonomia si è distinta nella sua breve e gloriosa storia di comune autonomo,è innegabile che quell’ iniziale entusiasmo e quella forte identificazione collettiva abbiano giovato notevolmente alla nostra borgata,oggi a cento anni di distanza è doveroso ritrovare una nostra identità,rinvigorire quei sentimenti e quegli slanci,e con un ritrovato orgoglio di essere montesi ricominciare a costruire un futuro radioso.

Giuseppe Pugliese


**************** Intervento di Pippo Coppola *************************

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Il primo centenario dell’autonomia amministrativa è occasione propizia per ripercorrere la storia della nostra Comunità e rendere omaggio ai suoi protagonisti ed è, al tempo stesso, stimolo, soprattutto per le giovani generazioni, perché la conoscenza delle proprie radici può aiutare certamente la formazione di cittadini più consapevoli e partecipi alla costruzione di una Città sempre migliore.

Quando Monte di Procida si separò dall’isola di Procida, contava poco più di mille famiglie ed annoverava tra i suoi abitanti,circa cinquemila, soprattutto contadini, marinai, pescatori, artigiani, ma anche molti emigranti verso l’America del Nord, l’Algeria, Marsiglia. La coltivazione della vite ricopriva ben trecento dei suoi trecentosessantacinque ettari, due terzi dei quali di proprietà di Procidani, e la sua flotta di cabotaggio, unica tra Napoli e Gaeta, trasportava tufo e pozzolana montese lungo le coste italiane.

Nel corso degli anni la marineria è poi approdata ai vertici del trasporto marittimo, forte di marittimi d’altissima preparazione e abnegazione e di numerosissimi armatori, mentre venivano progressivamente abbandonate l’attività estrattiva (dalle cave di tufo e pozzolana) e la coltivazione della vite, e molti emigranti hanno saputo trasformare una scelta spesso obbligata in grandi successi imprenditoriali, professionali, artistici.

E’ stato Ludovico Quandel, ufficiale borbonico vicino a Francesco II fino agli ultimi giorni dell’assedio di Gaeta, a coagulare ed a guidare la comunità montese lungo la strada dell’Autonomia amministrativa dall’isola di Procida. Una strada percorsa in due anni di grande passione civile, le cui tappe fondamentali segnano le seguenti date:

29 gennaio 1905, istanza a firma degli elettori del Monte indirizzata al Ministro dell’Interno; 3 agosto 1905, delibera del Consiglio Comunale di Procida; 30 ottobre 1905, delibera del Consiglio Provinciale di Napoli; 19 gennaio e dicembre1906, lettere del Prefetto di Napoli al Ministro dell’Interno; 27 gennaio 1907, decreto di costituzione in Comune autonomo a firma di Vittorio Emanuele III e controfirmato da Giolitti.

In questo percorso vanno pure citate altre tappe in cui si è tentato di rimettere in discussione l’accoglimento della richiesta di Autonomia da parte del Consiglio Comunale di Procida, con il rischio di minare la sostanziale concordia tra gli abitanti dell’Isola e della Terraferma sulla giustezza e sulla necessità del distacco. Nel “ Pro Memoria ad illustrazione della istanza avanzata dagli elettori della Borgata Monte di Procida, per ottenere la costituzione in Comune autonomo, da denominarsi NUOVA CUMA”, redatto da Ludovico Quandel emergono l’amore fortissimo dell’Autore per questa terra che aveva eletto a sua nuova dimora e di cui era diventato Vice Sindaco e la grande capacità politica.

Nuova Cuma era evocativo non solo di antiche denominazioni del Monte, ma evocava soprattutto il contesto territoriale,la sua storia plurimillenaria e la sua naturale vocazione. La descrizione del territorio è minuziosa ed esaltante; vengono citati la piacevolezza del clima, la posizione incantevole, gli splendidi panorami, il numero delle famiglie (circa milleduecento) quasi tutte proprietarie delle proprie case per la gran parte dotate di vigneto.

I vini, ricercatissimi, ammontano a circa sedicimila ettolitri per anno; diverse sono le cave di pozzolana, di tufo, lapilli, ferrugine e pomice. I marittimi sono imbarcati su sessanta barche tra le venti e trenta tonnellate, che fanno servizio di cabotaggio, e su velieri da cento a quattrocento tonnellate e sui bastimenti di lungo corso. La finanza privata è analizzata in modo indiretto dal risparmio globale raccolto dal locale Ufficio Postale e dagli acquisti di terreno, da nuove costruzioni di case e di nuove barche, tutte operazioni finanziate in gran parte con le rimesse degli emigranti. Viene descritta una situazione prospera e si prevede con il nuovo Comune un ulteriore miglioramento. Soprattutto se Acquamorta diventerà “approdo costante dei battelli a vapore del servizio della Società ferroviaria cumana” (che allora raggiungevano Torregaveta) Seguiamo le tappe.

Con istanza del 29 gennaio 1905, centoquattordici dei centocinquanta elettori del Monte, primo firmatario Ludovico Quandel, chiedevano al Ministro dell’ Interno l’Autonomia dall’ Isola , ricorrendo tutte le condizioni, topografica, demografica e di bilancio, richieste dall’articolo115 della Legge comunale e provinciale allora vigente.

Il Consiglio comunale di Procida, per la discussione della “Istanza per l’autonomia della Borgata Monte di Procida”,veniva convocato per il 3 agosto. In quella sede, assenti numerosi Consiglieri del Monte, veniva letta dal Sindaco, avv. Vincenzo Mazzella, la nota del 12 maggio proveniente dalla Sottoprefettura di Pozzuoli che notificava al Consiglio l’Istanza degli elettori della borgata Monte di Procida, e “richiamava l’attenzione….sulle istruzioni date dal Ministero in ordine al riparto delle attività e passività tra gli enti, di cui è parola nell’articolo 115 allo scopo di evitare possibili contestazioni. Letti ed esaminati la detta istanza ed i documenti ad essa allegati, tenuta presente la Circolare Ministeriale …. in ordine ai mutamenti nelle circoscrizione dei Comuni, colla quale furono determinati e precisati i criteri speciali nei casi di separazione di frazioni di un comune per costituzione in comune autonomo, cioè:

  1. che ciascuna frazione conserva i beni, i diritti, e gli usi ad essa spettanti in modo particolare;
  2. che conserva parimenti i beni di uso pubblico posti nel suo territorio, i quali debbono essere messi a riscontro di quelli dell’antico Comune onde stabilire opportunamente compensi in denaro come se si trattasse di beni infruttiferi a dividersi;
  3. che ciascuna frazione ha diritto ad una quota parte del patrimonio formatosi durante la comunione; e come corrispettivo di questo dritto ha obbligo di concorrere alle passività contratte durante la comunione stessa pei bisogni ed il vantaggio generale del Comune;
  4. che restano a carico delle frazioni le spese fatte a suo esclusivo benefico ed a carico del Capoluogo le spese erogate nel suo particolare interesse”.

Il dibattito consiliare, mentre riconosce senza dubbio vere le ragioni topografiche (il mare!) le quali quasi “impongono” il distacco della frazione, contesta come inesatte e non rispondenti al vero le altre considerazioni poste a “sostrato della loro domanda” quali “lo stato di abbandono e di non curanza cui sarebbero ridotti gli abitanti della Borgata….la sperequazione degli oneri e dei benefici…..la nessuna equità dei balzelli” sostenendosi da parte dell’Amministrazione “di aver tenuto sempre alto e rispettato il vessillo della giustizia distributiva”. Nel corso del dibattito vengono illustrate una serie di azioni amministrative svolte a favore dei Montesi da parte dell’Amministrazione in carica, dal trasferimento dei Registri dello Stato Civile “nell’ufficio Comunale della Borgata” nel 1904, presentato come inizio all’autonomia amministrativa, ad una serie di lavori pubblici relativi alle strade, alla ripartizione del fondo per le elemosine, all’assicurazione del servizio sanitario.

Il dibattito consiliare arriva, infine, al problema cruciale della separazione, ovvero al problema della consistenza dei beni patrimoniali e delle passività: ”prima di esaminare nel merito la istanza medesima è necessario stabilire quali siano i beni patrimoniali, i diritti e gli usi spettanti in modo particolare alla frazione Monte di Procida, quali i beni di uso pubblico posti nel suo territorio, quale il patrimonio formatosi durante la comunione e quali infine le passività contratte durante la comunione stessa pei bisogni ed il vantaggio generale del Comune”. Per determinare la durata della comunione tra Procida e il Monte, e conseguentemente individuare il patrimonio formatosi in tale periodo, viene citata la Sentenza della Regia Camera di Sommaria del 27 febbraio 1826, che chiudeva un lungo contenzioso, pluridecennale, tra Pozzuoli e Procida ed assegnava definitivamente il Monte a Procida. Nel Consiglio si afferma che “prima di tale epoca la borgata Monte era tributaria di Pozzuoli e propriamente degli eredi ed aventi causa di Pompeo Claudio Fraia, che la ebbe censita dall’Abate Benedettino di S. Maria a Cappella (1520) il quale la ebbe in donazione dall’Arcivescovo Sergio I e dal Reggente Duca Giovanni, donazione riconfermata da Ruggiero Normanno (1144)”. In realtà la sentenza riconosceva a Procida il legittimo possesso del Monte da tempo ed, infatti, in seguito, il 30 settembre 1835, fu promulgato il regio decreto che ufficializza l’amministrazione del Monte da parte di Procida e fissava i confini con Pozzuoli lungo la via Cappella. Sicuramente, ad esempio, ai tempi della Repubblica partenopea le due sponde del canale costituivano una sola Comunità, che aveva sposato la causa giacobina e alla quale aveva sacrificato numerosi martiri, tra i quali anche un montese, ed erano state testimoni della battaglia tra le navi repubblicane, schierate lungo Miliscola e quelle angloborboniche schierate sotto il castello di Procida. Tuttavia il Consiglio aveva bisogno di certezze e ritenne di trovarle nel decreto del 30 settembre 1835 che assegnava il Monte a Procida. Limitata così la comunione a pochi anni, i soli cespiti spettanti alla borgata Monte venivano individuati nel suolo dell’abolito cimitero di via Inferno e nell’area “disponibile allo esterno del Cimitero nuovo”.

Analizzati poi i dati relativi alle attività ed alle passività, il Consiglio si avvia ad esprimersi sulla domanda degli elettori della Borgata Monte e l’ Amministrazione in carica “ non può disconoscere la giustizia e la equità della stessa” perché risponde a tutti i requisiti richiesti dalla Legge, “la quale vuole che la frazione a separarsi sia materialmente distaccata e fisicamente separata dal Comune a cui appartiene” e “risponde anche alle altre condizioni della Legge sul numero degli abitanti e sui mezzi necessari a sostenere le spese comunali.”

Il disagio degli.. .”abitanti di detta Borgata, i quali si debbono recare all’ufficio Comunale dell’Isola di Procida per ogni loro occorrenza …è anche di grave inciampo alla funzione amministrativa, giacché, dopo la legge che accorda la rappresentanza alle minoranze ed il reparto dei Consiglieri alle frazioni, la frazione Monte ebbe assegnati nove Consiglieri su trenta,…e quindi nei giorni burrascosi che non permettono il passaggio.. il Consiglio non trovasi in numero….Considerato …che la Borgata Monte si trova nell’altra strana condizione di non far parte come l’isola di Procida dell’Archidiocesi di Napoli, e così mentre gli atti di nascita, matrimonio e morte civilmente si compiono nel Comune di Procida, Chiesasticamente poi la Borgata Monte dipende per gli atti stessi dalla Diocesi di Pozzuoli….che (as)secondare l’istanza degli elettori del Monte è spesa civile perché con l’autonomia si da loro quanto di più caro e saggio può aver un popolo;….perchè si evita ogni inciampo alla funzione Amministrativa della rappresentanza Comunale. Considerato che il territorio di Monte di Procida si appartiene per i due terzi ai naturali dell’Isola, i quali hanno interesse a mantenere il nome di Monte di Procida, notissimo in Italia ed all’estero per la produzione vinicola, ed hanno anche interesse a conservare tale denominazione che nella storia di Procida segna una delle più belle pagine per la fermezza ed il coraggio dei Procidani nell’emanciparsi da ogni servaggio nel quale Pozzuoli teneva la Borgata pel pagamento delle gabelle, dei diritti di buona tenenza, e per altri soprusi ed angarie.. all’unanimità delibera (articolo1) di dare voto favorevole all’istanza degli elettori della Borgata Monte di Procida con la quale chiedono la costituzione della Borgata stessa in Comune autonomo con le seguenti condizioni : che il novello comune conservi la denominazione di Monte di Procida… e (articolo 2) di .. rimettersi per tutt’altro alla Legge ed alle autorità tutorie in quanto riguarda ogni possibile contestazione che potesse sorgere nella materiale separazione della Borgata Monte. Un grande traguardo era stato raggiunto da una democrazia ancora giovane e fragile. Successivamente esprimevano parere favorevole alla domanda di autonomia il Consiglio Provinciale (30 ottobre 1905) ed il Prefetto di Napoli (19 GENNAIO 1906). L’ autonomia era cosa fatta! Ma quando si
attendeva ormai soltanto il decreto reale, una nota del Sotto Prefetto del 12 febbraio diventa pretesto per rimettere tutto in discussione. La nota trasmetteva la richiesta del Ministero di conoscere il parere dei “…frazionisti…. in ordine al progetto di riparto..” approvato con la delibera consiliare del 3 agosto dell’anno precedente. Veniva convocato il Consiglio Comunale per il 23 marzo ed in quella sede veniva approvata, con la opposizione del consigliere del montese Vincenzo Illiano, una Commissione di cinque consiglieri per la revisione del progetto di divisione già approvato! Il clima politico era tanto radicalmente cambiato rispetto all’unanimità registrata il 3 agosto 1905, che un consigliere dell’Isola, in una nota indirizzata alla “Presidenza dei Ministri”, poneva addirittura in dubbio la legittimità della rappresentanza montese, ovvero dei “ frazionisti”, ad esprimere il richiesto parere sul riparto posto che Monte è per due terzi di proprietà di Procidani. I Consiglieri montesi intanto ricorrevano al Sotto Prefetto contro la delibera istitutiva della Commissione adottata dal Consiglio comunale il 23 marzo, chiedendone l’annullamento. La Commissione consiliare non fu annullata dal ricorso e si riunì il 1 giugno, ma senza sortire effetti per l’assenza dei Consiglieri montesi. Sul finire del 1906 il Prefetto di Napoli ricostruiva la lunga storia dell’istanza di Autonomia e, ottenuta l’adesione al progetto di riparto, deliberato dal Consiglio Comunale del 3 agosto 1905, da parte dei Consiglieri della Borgata, gli unici pienamente legittimati ad esprimere tale adesione, la inoltrava al Ministero. Monte di Procida si avviava ad essere Comune autonomo.

Giuseppe Nicola Coppola


Invitiamo ancora una volta tutti gli altri consiglieri intervenuti nella suddetta seduta a fornirci il testo dei propri interventi. Grazie.

Pasquale Mancino

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