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51 anni fa, l’affondamento della motonave Duizar: 7 morti ed un solo sopravvissuto

Motonave Duizar. All’estrema prua il comandante Natale Scamardella

Nella serata di sabato 11 aprile 1970, la motonave Duizar lasciò il porto di Baia in direzione di Tripoli (Libia), con un carico di succhi di pomodoro in scatola e di tubi metallici sistemati in coperta.

La Duizar era una nave da carico di 500 tonnellate, lunga 55,6 metri e larga circa 10m, realizzata nel 1956 dalla Navalmeccanica a Castellammare Di Stabia ed iscritta nel compartimento marittimo di Napoli. L’armatore  era il napoletano Donato Gustuti.

A bordo vi erano di solito 9 uomini di equipaggio, ma quel giorno uno di loro era in permesso e quindi partirono in 8.

Agli ordini del 49enne comandante montese Natale Scamardella, vi erano:

Michele Coppola: direttore di macchina, 50 anni, Monte di Procida;
Francesco Vasto: 1^ motorista, 31 anni, Mazara del Vallo (Trapani);
Domenico Vasto: nostromo, 33 anni, Mola di Bari (fratello di Francesco);
Domenico Mazzella di Bosco: marinaio, 31 anni, Monte di Procida;
Pasquale Illiano: marinaio, 35 anni, Monte di Procida;
Pasquale Della Ragione: marinaio, 39 anni, Bacoli;
Ciro Esposito: marinaio, 42 anni, Monte di Procida.

Dopo circa 24 ore di navigazione, poco prima delle ore 20 di domenica 12 aprile, la Duizar giunse nello specchio d’acqua tra la Calabria e la Sicilia e si imbattè in un fortissimo vento e mare agitato forza 6.  Le avverse condizioni del mare provocarono uno spostamento del carico ed un conseguente grave sbandamento su una fiancata.

Da bordo venne subito lanciato un S.O.S. (richiesta di soccorso) raccolto prontamente dalla radio Marisicilia di Messina. Sul punto indicato, forse erroneamente, dagli uomini della Duizar “a 7 miglia a nord-ovest di Capo Peloro, tra l’isola di Stromboli e la Sicilia” vennero inviate varie unità di soccorso.

Due motovedette della capitaneria di Reggio Calabria e di Messina, contrassegnate rispettivamente CP-230 e CP-238; due rimorchiatori da Milazzo, il “Capo d’Orlando” ed il “Mare di Sicilia” e due da Messina, lo “Zancle” ed il “Capo Peloro“. Ancora da Messina, lasciarono il porto per raggiungere la zona del naufragio, due motovedette della guardia di finanza la “Monte Sperone” e la “Monte Cimone” facenti parte del 1° Nucleo Navale di Manovra. Anche la motocisternaMegara Iblea” di millecinquecento tonnellate in navigazione nello Stretto, si aggiunse alla motovedetta della capitaneria di porto di Vibo Valentia nelle ricerche dei naufraghi, alle quali per tutta la notte collaborò anche un aereo illuminando con i bengala la zona interessata.

Nonostante tutti gli sforzi messi in campo per ispezionare minuziosamente tutto lo specchio d’acqua indicato, per tutta la notte non si riuscì a trovare traccia della nave: la Duizar era scomparsa, il dramma  probabilmente si era compiuto in pochi minuti.

Soltanto alle prime luci dell’alba del 13 aprile 1970, l’equipaggio di un aereo avvistò una scialuppa di salvataggio nel mare tra Palmi e Gioia Tauro sulla costa calabra: sul posto accorsero subito le due motovedette della guardia di finanza; vennero trovati due marinai, purtroppo privi di vita.

Più tardi altre tre salme, tenute a galla dai salvagenti, vennero recuperate dalla motovedetta CP-238 della capitaneria del porto di Messina. I loro cadaveri vennero composti sulla motovedetta e poi sbarcati nel porto di Messina.

Le salme dei marinai della Duizar durante lo sbarco al porto di Messina

Successivamente l’equipaggio dell’altra motovedetta della guardia di finanza, CP-230, avvistò in mare un altro marinaio aggrappato al suo salvagente, allo stremo delle forze, ma ancora in vita. Si trattava del direttore di macchina Michele Coppola da Monte di Procida; le sue condizioni che in un primo momento sembrarono gravi, andarono via via migliorando e dopo 2 giorni lasciò l’ospedale per ritornare a Monte di Procida.

Mancavano quindi all’appello altri due uomini dell’equipaggio: il marinaio Pasquale Della Ragione ed il comandante Natale Scamardella che in quel momento risultarono introvabili. Il corpo del comandante di Monte di Procida venne recuperato privo di vita solo successivamente, mentre quello del marinaio di Bacoli non venne mai più ritrovato.

Michele Coppola appena recuperato in mare da un canotto viene issato a bordo della motovedetta CP-230

L’unico superstite, il montese Michele Coppola, detto “sassolino” per via del suo mento pronunciato, chiese subito notizie dei suoi compagni, ma la realtà gli venne tenuta nascosta. Il direttore di macchina raccontò le fasi del drammatico naufragio:

E’ stato tremendo. Il mare doveva essere almeno di forza quattro e la zona era battuta da un vento violentissimo. Ad un tratto, la nave si è inclinata almeno di sessanta gradi sulla fiancata destra. Certamente deve essersi trattato di uno sbandamento del carico per cui la Duizar con difficoltà, è riuscita a tenere il mare solo per pochi minuti. Uno schianto e la nave è colata a picco. Il comandante Scamardella ci ha invitati a metterci in salvo. Ho visto per tutta la notte i bengala lanciati dall’aereo per illuminare la zona. Ho temuto però che per le cattive condizioni del mare i mezzi di soccorso non mi vedessero“.

Michele Coppola nel letto dell’ospedale dopo il suo recupero in mare

Anche per la Duizar, che tra l’altro non può essere considerata una “vecchia carretta” avendo solo 14 anni di vita, lo spostamento del carico, e probabilmente la presenza dei tubi in coperta, fu fatale a 7 marinai, tra i quali 4 erano figli di Monte di Procida.

Ed anche in questo dramma del mare vi sono alcuni incroci del destino che donano benefici a qualcuno, ma qualche volta a danno di altri.

Michele sassolino, per altro già sopravvissuto ad altri naufragi, raccontò che il mozzo Antonino Mazzella, ventiduenne montese, alla partenza da Baia accusò un malessere per cui rinunciò all’imbarco e quindi si salvò dalla tragedia.

Ben altro destino accompagnava, invece, Pasquale Illiano che prima della partenza si era imbarcato in sostituzione del 35enne Francesco Carannante.

Probabilmente il marinaio montese quel giorno era felicissimo per aver trovato un imbarco all’ultimo momento senza sapere che, per chissà quale ordine avverso del destino, andava incontro alla morte.

Riposate in pace!

with <3
Pasquale Mancino

Grazie alle famiglie Scamardella e Della Ragione per avermi fornito importanti informazioni per la ricostruzione di questo drammatico evento.

 

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