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Monte di Procida, dialetto e curiosità: spruòccule, stròppole e streppùne

Spruòccule e streppùne, al singolare spruòccolo e streppòne, sono due termini del nostro dialetto che fanno riferimento diretto al mondo vegetale, eppure in senso figurato sono spesso utilizzati in modo differente.

U streppòne è principalmente il raspo, la parte legnosa del grappolo d’uva, cioè tutto ciò che resta dopo che sono stati tolti gli acini. Streppòne è anche detto il gambo, il fusto dei fiori recisi e deriva dal latino stirps, trasformatosi in sterp cioè sterpone, ma non va confuso né con streppègna che indica propriamente la razza e la discendenza, né con streppa che invece indica il fogliame.

E’ detto streppòne anche il filamento fibroso che permette alle cozze di ancorarsi a un supporto e di moltiplicarsi fino a creare una specie di grappolo.

Un uomo basso e dal carattere debole viene comunemente indicato come “nu’ streppòne re fèscena“.

La fèscena è il cesto di vimini a forma conica che termina con un gambo corto, detto streppòne, utilizzato generalmente per la raccolta delle uve durante la vendemmia. La fèscena, per come è costruita, non si mantiene in piedi da sola, ma ha bisogno sempre di un appiglio. E’ chiaro quindi come il modo di dire suddetto, rivolto ad una persona, rappresenti una grave offesa.

Il mitico Antonio Schiano di Cola con la sua fèscena durante una delle sue ultime vendemmie. R.I.P.

E’ invece una vera e tremenda minaccia: “t’aggia fà cacà l’ùva, l’àceno e ‘u streppòne“.
Letteralmente vuol dire “ti farò defecare il grappolo d’uva, gli acini ed il raspo“.
Praticamente si promette di punire il malfattore facendosi restituire il maltolto in questo caso grappolo e acini (‘u raciuòppolo r’uva) con gli interessi rappresentati dal raspo che in realtà neanche si mangia.

Lo Spruòccolo è invece un ramoscello, uno stecco, un piccolo pezzetto di legno che sembrerebbe derivare dal longobardo sproh che a sua volta viene dal tedesco sprock (ramo, germoglio).

Anche spruòccolo viene utilizzato in senso figurato ed è presente in tanti proverbi e modi di dire; ad esempio un uomo alto e magro viene spesso apostrofato come “nu’ spruòccolo r’ommo“.

Per le donne invece, secondo il proverbio, ‘u spruòccolo può essere anche uno strumento di lavoro: “quanno ‘a femmena vò filà, fila pure c’ ‘u spruòccolo“, cioè quando una donna vuole filare, nel senso di lavorare, fila anche con un rametto. Il detto vuole evidenziare la caparbietà del gentil sesso che quando si mette in testa qualcosa, difficilmente non riesce a portarla a termine.

Le donne, spesso utilizzavano uno spruòccolo anche come espediente per tenere raccolti i capelli dietro il capo (‘u tuppo) in assenza di una vera e propria pettenessa.

I ragazzini invece erano soliti utilizzare “nu’ spruòccolo” per mantenere incurvata maggiormente la stecca orizzontale (‘a frèzza) dell’aquilone (‘a cumèta) per renderlo più aerodinamico.

Un altro modo di dire suggerisce: “addó arrivammo, llà mettimmo ‘u spruòccolo” cioè, andiamo avanti fin dove riusciamo ad arrivare e lì ci fermiamo e piantiamo uno stecco. In pratica si concorda che arrivati ad un certo punto non si andrà oltre.

‘Nfila ‘u spruòccolo rint’ ‘u pertuso” invece è un modo di dire un po’ allusivo, ma che invita a portare a termine ciò che si è programmato.

Nu’ spruòccolo, a volte, sarebbe necessario anche per tappare la bocca a quelle persone che non smettono mai di parlare (nun sputano maje ‘nterra) e non ci permettono di proferire parola. I più insopportabili sono quelli che oltre a parlare continuamente ti toccano ripetutamente per pretendere ancora più attenzione. In tali circostante è legittimo e soprattutto terapeutico urlare “…e mo’ basta, ciònca sta lèngua! Famme dicere ‘na fetente ‘i stròppola pure a me!“.

La Stròppola è letteralmente una sciocchezza, un’idiozia, ma anche un errore dovuto spesso a stupidità o ignoranza. Deriva dal latino stropha(m) che viene dal greco strophé.

Da notare che il termine stroppòla è solo femminile, perché al maschile assume tutt’altro significato, infatti stròppolo (o stroppo) è l’elemento che serve ad unire il remo allo scalmo; sui gozzi nostrani è di solito costituito da due o tre anelli di cavetto sottile.

Stròppola non va confuso neanche con streppule che invece rappresenta la spremitura finale di scarto nella lavorazione del passato di pomodoro.

Ferdinando Russo, noto poeta napoletano (1866-1927), a proposito dei pericoli dell’amore in età giovanile definisce la felicità: “na stròppola ammentàta“, cioè una sciocchezza inventata.

Attenzione: quando stròppola è rivolto ad una donna è chiaramente un’offesa alla sua intelligenza (…maneggiare con cura).

Di stròppole, nel senso di sciocchezze, ne sentiamo molte in giro e quotidianamente ne leggiamo tante sui social, vuoi per i motivi anzidetti o perché dovuti alla fretta ed a volte anche ai correttori ortografici, almeno secondo le postume giustificazioni 😉

…with <3
— Pasquale Mancino

 

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