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Una “Casa Museo” dedicata alla Graziella di Procida. Video

PROCIDA. Antonio Cangiano . Un museo dedicato ad una storia d’amore. È la “casa di Graziella” dimora storica realizzata nei locali dell’ex Conservatorio delle Orfane, sull’isola di Procida. L’esposizione permanente che trae spunto dalla giovane procidana protagonista del romanzo di De Lamartine, raccoglie decine di oggetti preziosi d’epoca ottocentesca, appartenuti alle diverse famiglie dell’isola.
PROCIDA ‘800 – È un tuffo nel passato, quello che accoglie il visitatore quando attraversa le stanze dell’ex palazzo Baronale, oggi palazzo della cultura, sul promontorio di Terra Murata nelle immediate vicinanze dell’Abbazia di San Michele a Procida. Allestite secondo il gusto dell’epoca, gli ambienti ricordano uno stile di vita semplice e dignitoso, come dovevano apparire gran parte delle case procidane sul finire dell’800.
CASA MUSEO – “È la casa che Graziella non ha mai avuto” spiega Riccardo Scotto Di Marrazzo, giovane volenteroso direttore artistico del museo “La Casa di Graziella”. L’idea di dedicare un museo alla giovane procidana, protagonista del romanzo omonimo del poeta francese Alphonse De Lamartine nasce dalla volontà di coniugare una raccolta di oggetti semplici d’antiquariato, l’amore per l’isola e un luogo dove celebrare l’eroina romantica descritta nelle pagine del romanzo. Numerosi oggetti di vita comune raccolti sull’isola dal giovane Riccardo; preziosi cimeli sopravvissuti al tempo e alla distuzione.
AMORE PROCIDANO – Graziella non fu certo un personaggio inventato. De Lamartine durante il suo soggiorno sull’isola se ne innamorò, fu un tenero amore ben presto interrotto dalla partenza improvvisa di lui per la Francia. Alphonse lasciò la sua amata con una promessa: sarebbe ritornato presto da lei. Una promessa nella quale la giovane procidana si consumò.  Alphonse non fece mai più ritorno sull’isola, Graziella nella vana attesa, si ammalò morendo all’età di sedici anni. Il poeta la rese protagonista del suo romanzo, intitolato appunto “Graziella”, proprio per espiarne il divorante senso di colpa.

fonte www.napoli.com

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