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Don Enzo Tiano guida gli angeli in corsia all’ospedale di Pozzuoli.

Assistenza materiale ma soprattutto assistenza morale e psicologica sia ai pazienti che alle loro famiglie. È quanto garantisce da oltre vent’anni un gruppo di volontari nato per dare supporto ai degenti dell’ospedale di Pozzuoli, SantaMaria delle Grazie. L’idea venne all’allora vescovo di Pozzuoli, Silvio Padoin, per dare un supporto ai malati dell’ospedale puteolano. Fu così che un gruppo di volontarie si mise insieme e diede vita ad un’associazione religiosa “Santa Elisabetta”, che oggi conta più di cento persone al servizio gratuito dei degenti e delle loro famiglie. L’assistenza che il gruppo fornisce è di diverso tipo, a seconda delle esigenze. “Il nostro primo pensiero – spiega don Enzo Tiano, cappellano dell’ospedale, residente a Bacoli ma molto conosciuto anche a Monte di Procida, dove ha risieduto alcuni anni e a Torregaveta per la sua collaborazione con Padre Alfonso nella parrocchia del Cuore Sacro di Gesù, è di dare un supporto morale e psicologico ai pazienti. Li incoraggiamo, li ascoltiamo, li sosteniamo nell’affrontare il difficile percorso della malattia. In alcuni casi c’è anche bisogno di un aiuto pratico, come per esempio aiutare le persone anziane non autosufficienti a mangiare o a vestirsi”. Essere un volontario in corsia richiede molta preparazione e poca improvvisazione. Per questo motivo ogni tre anni l’associazione organizza corsi di formazione destinati a fornire ai partecipanti le nozioni base per essere vicino ad un malato, dalla medicina al pronto soccorso alla psicologia relazionale. A salire in cattedra sono gli stessi medici dell’ospedale puteolano, con il coordinamento di Luigi Di Fraia, medico geriatra e coordinatore tecnico del gruppo di volontariato. I corsi si svolgono in venti incontri, ciascuno di circa 2 ore. “Insegniamo ai volontari – spiega don Enzo Tiano – prima di tutto a partecipare al dolore della persona, a condividere il loro percorso e a dare supporto psicologico ai malati terminali”. Molte volte – continua il cappellano – queste persone si autotassano per comprare quello che serve a chi arriva in ospedale senza niente. Pozzuoli si trova in una zona strategica al centro tra la periferia di Napoli e la zona di Villa Literno. Qui arrivano moltissimi extracomunitari che non hanno niente. E allora i volontari si occupano di fornire loro e a proprie spese tutto quello che possa servire durante la degenza, come ad esempio la biancheria intima. E se c’è bisogno li laviamo, li aiutiamo a mangiare o ad alzarsi dal letto”. Ma come si individuano le persone che hanno bisogno di aiuto? “Ogni mattina – continua don Enzo – faccio il giro di tutte le corsie di ogni reparto. Confesso chi vuole essere confessato, parlo con loro. Dopo tanti anni trascorsi in ospedale mi basta poco per capire se mi trovo di fronte ad una situazione di disagio. E poi spesso ci avvisano le assistenti sociali, con cui lavoriamo in stretta collaborazione. Laddove non arrivano le istituzioni, noi cerchiamo di essere presenti in modo discreto e silenzioso”. Oltre ai pazienti, i volontari si occupano anche delle famiglie, che si trovano a fare i conti con la sofferenza della malattia di fronte alla quale si sentono spesso prostrati e frustrati, catapultati in un “mondo” che non conoscono. Allo scopo di migliorare la comunicazione, di eliminare i sensi di colpa, di aiutare le persone in un frangente che non sono preparati ad affrontare, offrire sostegno ai familiari è tanto importante quanto offrirlo al malato. “Anche le famiglie hanno bisogno di supporto morale – continua il cappellano dell’ospedale Santa Maria delle Grazie di Pozzuoli – molto spesso facciamo da tramite tra loro e il medico, ci informiamo prima noi sulle condizioni di salute del parente per poi essere pronti a stare vicino al dolore delle famiglie. Il nostro supporto è importante soprattutto quando i malati sono in rianimazione, dove vigono regole più severe per quanto riguarda le visite. Grazie all’ottimo rapporto che si è instaurato con i medici e tutto il personale infermieristico, riusciamo ad avere notizie sulle condizioni di salute che poi comunichiamo ai familiari. Anche loro vogliono dare sfogo alle proprie paure e amarezze – conclude il cappellano cercano consigli su come affrontare questa situazione”.

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