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Traffico rifiuti nocivi: anche a Bacoli smaltimenti abusivi

Un giro di affari per 27 milioni di euro; un milione di tonnellate di rifiuti industriali e nocivi smaltito illegalmente in Campania e utilizzato addirittura come fertilizzante nelle campagne del Napoletano avvelenando le coltivazioni della zona e mettendo a serio rischio la salute dei consumatori. Sono questi dati dell’inchiesta avviata dalla Procura di Napoli che oggi ha portato in carcere cinque persone, agli arresti domiciliari altre otto e al sequestro di diverse strutture per il trattamento di rifiuti non urbani della provincia di Napoli.Oltre cento le perquisizioni effettuate in tutta Italia. E ancora un giro di fatture false con società cartiere per “stornare” gli utili e abbattere l’imponibile fiscale dalle aziende che, secondo l’indagine condotta dal sostituto procuratore Maria Cristina Ribera, non solo non trattavano i rifiuti tossici ma in alcuni casi li avrebbero smaltiti illegalmente a costi bassissimi nelle campagne della zona.

Dall’inchiesta è emerso, inoltre, che esponenti della pubblica amministrazione e delle forze dell’ordine per anni hanno offerto “un solido appoggio agli indagati nello svolgimento delle attività illecite, tutte poi confluenti nel traffico illecito di rifiuti, anche pericolosi (ad esempio, rifiuti contenenti diossine, amianto e sostanze cancerogene)”. Tra gli indagati, infatti, ci sono due marescialli dei carabinieri di cui uno considerato l’amministratore di fatto di una società coinvolte. Gli investigatori stanno passando al setaccio anche il sistema dei controlli e delle autorizzazioni concesse.

Tutto ha avuto inizio quando i militari del Nucleo operativo ecologico dell’Arma effettuando un controllo di routine all’azienda “Pellini” che ha sede ad Acerra, non molto lontano dall’area dove sta sorgendo il primo impianto di termovalorizzazione della Campania hanno compreso che c’era qualcosa che non andava. La ditta, secondo gli investigatori, era diventata il terminale di rifiuti provenienti dalla Toscana, dal Veneto.

Secondo gli investigatori i rifiuti però passavano solo documentalmente dagli impianti per essere poi smaltiti in vecchie cave di Giugliano, Bacoli e Qualiano. Scarti che bagnati dalla pioggia avrebbero rilasciato nel terreno sostanze altamente nocive. Talvolta i rifiuti venivano ceduti a contadini della zona che li utilizzavano come fertilizzanti, un affare nell’affare. Alcuni contadini sono ancora del tutto ignari di aver utilizzato per mesi sostanze altamente nocive, altri consapevoli di impiegare sostanze nocive capaci di avvelenare le coltivazioni.

Da una ripresa video, effettuata con un elicottero del Corpo Forestale dello Stato, è emerso che lo scorso 13 ottobre dallo stabilimento “Pellini” di Acerra tonnellate di percolato sono state immesse direttamente nei Regi Lagni, i canali borbonici che raccolgono le acque piovane nei campi e che sfociano direttamente a mare. In un altro caso vecchi tubi di una condotta del metano sarebbero stati smaltiti nelle campagne dopo essere stati dati alle fiamme, quindi triturati, miscelati con altri tipi di rifiuti e poi disperse nelle campagne.

All’inchiesta hanno collaborato con i militari del Noe, oltre ai carabinieri del comando provinciale di Napoli, gli agenti della Direzione investigativa antimafia e gli investigatori della Guardia di Finanza che hanno scoperto un vorticoso giro di fatture false. Solo per la “Pellini srl” sono stati scoperti documenti che si ritengono falsi per un ammontare di circa 6 milioni di euro. Per questo venivano utilizzare società “cartiere” appositamente costituite per poi farle scomparire nel giro di pochi mesi.

fonte: casertasette.com

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