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I liceali di Monte

Dal sito del liceo www.liceodibacoli.it Siamo uomini o caporali?

Lettera di un docente indegnamente anonima come indegnamente anonima e segreta la modalità del voto decisivo sullo scorporo
“La qualità maggiormente richiesta, ormai, è l’adattabilità, ………”

dopo due mesi di aspre e spiacevoli contrapposizioni una decisione è stata finalmente presa. Il liceo delle scienze sociali permarrà alla fondazione Schiano mentre il linguistico e lo scientifico sono stati assegnati alla nuova sede di via Torregaveta.

La prima riflessione potrebbe partire, per esempio, proprio dalle quote di iscrizione alle quali, da questo momento in poi non corrisponde più un’equa fruizione dell’offerta formativa dell’istituto. La soluzione potrebbe essere l’istituzione di gabbie contributive e cioè quote differenziate di iscrizione in considerazione del fatto che chi frequenta il liceo sociale si vedrà costretto ad operare in spazi non idonei per quadrature, sicurezza, dotazione tecnologica e servizi per la didattica diversamente da una parte di allievi della stessa scuola per i quali tutto è stato invece disposto e fatto per assicurare loro una formazione piena ed efficiente.

Necessità faziosa emersa dalla esauriente prolusione del dirigente scolastico, la Prof. Mavelli nell’ultima seduta del C. d. D. il cui ordine del giorno riproponeva di ascoltare ancora una volta il parere del collegio sulla questione nonostante che, la decisione di passare tutti a Torregaveta, fosse stata già deliberata in una precedente seduta e nella quale, tra l’altro, si paventava lo spettro dei doppi turni.

Ma il ragionamento della preside, contrariamente alle sue aspettative, è miseramente naufragato prematuramente proprio sulla parola chiave, evidentemente pensata proprio per l’occasione: umanità, quel resto di niente invocato e stralciato dal più nobile dei sentimenti umani.

Il fiero ragionamento, al pronunciamento di quella parola, ha quindi subito una brusca interruzione da parte di una esiguo numero di docenti che appellandosi alla dignità intellettuale di quella seduta invitavano la preside a rinunciare all’uso di quel sostantivo che in quella circostanza suonava fastidiosamente offensivo e lesivo e di sostituirlo con il termine diritti forse più appropriato.

Il resto del discorso ha avuto un prosieguo leggero, a tratti fiabesco, basato quasi interamente sulle diligenti motivazioni degli allievi dello scientifico seriamente preoccupati e turbati dalla proposta dei loro coetanei del sociale che nell’ultimo tentativo di salvare capre e cavoli avevano proposto in maniera articolata la settimana corta in modo da glissare momentaneamente il pericolo dei doppi turni.

Alla replica degli studenti di Bacoli la preside aggiungeva una serie di penose considerazioni: la scelta di tutti a Torregaveta avrebbe finito col penalizzare oltretutto i più deboli, quegli allievi particolarmente esposti che ritrovandosi privati di tutti i laboratori e degli spazi vitali agognati da tempo, sotto la pressione di un orario gravoso e pesante di sei ore non avrebbero retto; e che dire poi della sicurezza? Una scuola che si affollerebbe ignominiosamente che scuola sarebbe? Quale futuro sarebbe riservato a quei ragazzi, se poi, noi docenti e dirigenti, ci rendessimo complici di una scelta irresponsabile che cedesse alle tentazioni falsamente egualitarie ed ispirate al principio deprecabile del meglio tutti male piuttosto che qualcuno male e gli altri bene, ma bene veramente?

Come dire, due pesi due misure oppure un letto per due malati, che fare? uccidiamo l’altro e andiamo avanti.

Ma tutto ciò, in considerazione anche della prospettiva già annunciata da Gadamer nei lontani anni trenta, appare come un processo inevitabile per cui, nel rispetto politicamente corretto di chi sceglie di applicare le disposizioni piuttosto che esercitare con acume critico il proprio ruolo mettendosi in una situazione troppo rischiosa, problematica e sicuramente meno tranquilla la posizione del dirigente si comprende: vita non facile di questi tempi, per chi è costretto a viaggiare nelle condizioni del classico vaso di terracotta come nella parabola di manzoniana memoria.

La cosa preoccupante è che a nessuno dei colleghi, di fronte allo stupro dell’evidenza, a quell’incidente presentato come necessario e cioè di dover lasciare una parte dello stesso istituto a marcire in fondazione Schiano, in barba alle più elementari norme costituzionali che invitano a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della personalità umana e dove si sanciva aprioristicamente una disparità di trattamento sia balenato il minimo dubbio critico rispetto al ragionamento fisiologicamente disarmonico condotto dal nostro dirigente. Un discorso e mi dispiace dirlo, in netto contrasto con quei principi di una scuola moderna diventati parte inemendabile del processo formativo come l’educazione civica alla solidarietà in ogni contesto, la riflessione critica sulla cause del disagio sociale, sulle disparità e ineguaglianze di genere, di appartenenza territoriali, di etnie, il rispetto delle pari opportunità e dei diritti umani eccetera eccetera eccetera come direbbe il nostro Gaber nazionale.

Ma a scatenare la rissa ha contribuito l’intervento di un collega di Bacoli che accusava la portavoce del sociale di prevaricazione e demagogia appellandosi pietosamente ad una chissà quale democrazia ferita e calpestata; proprio infierendo contro quei docenti non solo vittime di un sistema scolastico in rottamazione ma nella spiacevole condizione di dover digerire una decisione che era già nell’aria e nello stesso tempo di smascherare la vera ed unica demagogia abilmente velata nel discorso della preside.

Come concludere questo resoconto appassionato nell’intenzione di calmierare gli animi senza per questo sacrificare ipocritamente la verità della cosa?

Da questa storia siamo usciti tutti perdenti in qualche modo e lo scenario che oggi si presenta è veramente desolato: alunni di bacoli divisi da quelli di Monte; alunni del linguistico divisi da quelli del sociale; genitori di bacoli contrapposti e preoccupati che guardano quelli di un comune limitrofo come dei potenziali ed arroganti intrusi; docenti di bacoli divisi da quelli di Monte; docenti scorporati che guardano in cagnesco i colleghi del linguistico passati ad un miglior destino a Torregaveta; funzioni obiettivo divise e disorientate; segreteria in fermento; docenti a rischio di posto; consiglio d’istituto ingessato; dirigenza blindata, divisa da tutti e in tilt.

Ebbene noi vorremmo che da tutta questa storia emergesse un dibattito serio, approfondito, in risposta a questa lettera e precisamente su ciò che la scuola sta diventando; della direzione che sta intraprendendo e che in maniera pericolosa si va insinuando anche nei nostri comportamenti, soprattutto mentali, inducendo, anche in brillanti intelligenze, vistosi biases.

Tali distorsioni di giudizio, al limite della compiacenza, sono il vero ostacolo che ha impedito alla maggioranza di indignarsi di fronte ad una evidente sperequazione la cui gravità non consiste nel non aver fatto nulla per ostacolarla, ma in qualche modo di aver pensato, maldestramente, che in fondo tutto questo è giusto proprio perchè inevitabile e necessario.

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